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Mafia, trovato morto l’ex pentito Palmeri: doveva deporre sulle stragi a Caltanissetta

Redazione 2

Mafia, trovato morto l’ex pentito Palmeri: doveva deporre sulle stragi a Caltanissetta

Ven, 17/03/2023 - 23:51

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L’ex collaboratore di giustizia Armando Palmeri, di 62 anni, e’ stato ritrovato morto nella sua casa, che si trova nelle campagne fra Partinico (Palermo) e Alcamo (Trapani): secondo una primissima ricostruzione le cause del decesso sarebbero naturali; e’ possibile cioe’ che si sia trattato di un infarto ma sono in corso ulteriori indagini per capire come siano andate le cose. Secondo quanto si e’ appreso, Palmeri sarebbe dovuto andare la prossima settimana a deporre dai pm di Caltanissetta, che avrebbero dovuto sentirlo nell’ambito delle indagini sui fatti avvenuti durante le stragi di mafia.

I suoi verbali, benche’ fosse ormai fuori dal programma di protezione, erano stati depositati nel processo contro Matteo Messina Denaro, celebrato a Caltanissetta per gli eccidi del ’92 a Capaci e in via D’Amelio. Palmeri, ex rapinatore, era stato vicino ad ambienti dei Servizi segreti. In carcere aveva avuto infatti rapporti con esponenti dell’estrema destra e con camorristi, in Cosa nostra si era avvicinato molto a Vincenzo Milazzo, capomafia di Alcamo, assassinato nel luglio del 1992 per vendetta dai corleonesi: venne uccisa anche la fidanzata, Antonella Bonomo, incinta. Palmeri aveva raccontato che Milazzo si opponeva alle stragi, versione che coincise poi con quella di un altro collaborante, Gioacchino La Barbera.

Lo stesso pentito alcamese aggiunse che Bonomo, nei giorni precedenti le stragi del 1992, si era incontrato con personaggi dei Servizi.

Armando Palmeri e’ stato chiamato a deporre nell’ambito del processo di primo grado in cui Matteo Messina Denaro era imputato perche’ accusato di essere uno dei mandanti delle stragi. Venne sentito il 4 aprile 2019 dalla Corte di Assise di Caltanissetta a Firenze. “Non sono mai stato affiliato ritualmente a Cosa nostra. Vincenzo Milazzo – ha detto Palmeri – mi e’ stato presentato agli inizi degli anni 90 da due killer al servizio di Milazzo. Poi mi hanno presentato Giovanni Brusca, Antonino Gioe’ e Santino Di Matteo e altri mafioso come Peppe Ferroe Gioacchino Calabo’. Non ho fatto rapine per conto di cosa nostra ma curavo la latitanza di Milazzp. Gli diedi una mano durante la latitanza a mantenere rapporti con imprenditori e politici. Milazzo mi e’ stato presentato proprio agli inizi della sua latitanza. Milazzo si fidava di me perche’ parlavo poco, non chiedevo mai niente. Non cercavo le scalate, preferivo rimanere nell’ombra. Milazzo era latitante nelle zone di Gibellina. Quando sentivo puzza di guai, evitavo di espormi. Una volta mi disse che avrebbe dovuto incontrare alcuni funzionari dei servizi segreti e altre persone. Vi furono due incontri ma io non partecipai. Ero nelle vicinanza. Milazzo non voleva sposare la strategia stragista. Non diceva ne’ si, ne’ no. Era accondiscendete ma sapeva che era un’azione da kamikaze. Il primo incontro avvenne in una villa in contrada Consa. Vidi arrivare alcuni funzionari dei servizi segreti e altre persone. Poco dopo Milazzo mi disse che erano matti perche’ volevano iniziare la guerra allo Stato a colpi di bombe. Venne anche proposta una guerra batteriologica. Gli chiesero di aderire a questa guerra. Io ero contrario a questa strategia e lui mi disse ‘ma non capisci che siamo morti’? L’obiettivo era destabilizzare lo Stato. Solo dopo ho capito di cosa si trattava. Si parlava di inquinare un acquedotto per mettere lo Stato in ginocchio. Si parlava di atti terroristici da compiere anche fuori la Sicilia”.

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