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Nouvelle cousine in “salsa sicula”, lo chef nisseno Marco Calabrese si racconta

Ivana Baiunco

Nouvelle cousine in “salsa sicula”, lo chef nisseno Marco Calabrese si racconta

Mer, 26/10/2022 - 17:01

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Muove le mani come se stesse dipingendo un quadro, mentre racconta come si prepara un piatto. Lo descrive con i gesti tracciando cerchi nell’aria, lui condisce, versa con le parole, è la filosofia del cucinare. Marco Calabrese 35 anni è lo chef, si definisce cuoco, a capo della brigata della cucina di “Zàghara” il ristorante di Villa Flora tra Caltanissetta e San Cataldo, primo in provincia ad essere entrato nella guida Michelin 2023. “Non vuol dire avere una stella -precisa Calabrese- ma è un grande riconoscimento per noi e per Dario e Flora Spinello che in me hanno creduto e mi sostengono quotidianamente, loro mi hanno insegnato come lavorare in team. Io senza i collaboratori in cucina, senza i ragazzi di sala non sarei nulla. Posso avere tutte le idee del mondo ma da solo non riuscirei a realizzarle. Io non lavoro, noi lavoriamo.” Ha cominciato da autodidatta niente scuole blasonate o master a cinque stelle. Ma passione, studio e una esperienza New York che doveva durare una stagione ed invece il tempo di permanenza si allungato molto di più. Tornato in Italia ha fatto uno stage in un ristornate stellato siciliano per capire come funziona il modo della ristorazione ad altissimi livelli. Caparbio e volenteroso, ha iniziato a inviare curriculum e richieste a tutti i ristoranti stellati presenti in Sicilia e alla fine ci è riuscito è stato chiamato. Ha avuto pure un ristorante tutto suo e poi ha scelto di tenere a battesimo Zàghara .

“Le realtà alle quali guardo sono quelle europee, poca televisione e più esperienze concrete. –dice- Non grido in cucina e non sbatto i piatti, invece insieme ai ragazzi che mi collaborano lavoro con precisione sincronia e soprattutto tanta concentrazione, non serve essere umorali, ma organizzati e tranquilli, che non vuol dire rilassati.”
A Villa Flora è il tramonto. Seduto sul divano di una delle terrazze che guardano verso le colline dell’entroterra, Marco parla di cucina, di come sia più difficile cucinare piatti semplici. Il sugo di pomodoro della nonna tra gli irraggiungibili. “La spesa la vado a fare io, anche perché mi piace, scelgo prodotti locali ed a chilometro zero. Con una materia prima di alta qualità il cinquanta per cento del piatto e già fatto.” Una cucina tradizionale rivisitata in chiave moderna, una novelle cousine in salsa sicula, quella che presenta . “Sono un cuoco giovane quindi trovo giusto avere un tipo di cucina più frizzante e non troppo classica ma parte tutto dalla tradizione dai piatti. Ad esempio il bucatino con le sarde che ho adesso in menù che è condito con una crema di finocchietto. Senza tradizione non ci può essere innovazione, questo è il mio motto.” Non ama parlare di se. E’ sposato ha una bambina. Preferisce parlare invece di ingredienti, di impiattamento, di presentazione, di portate. Minimal nello stile, niente “touque blanche” e grembiuli estrosi, ma una semplice divisa in bianco, e nero i colori scelti dai proprietari della Villa Dario e Flora Spinello. La ricerca del gusto sembra essere il suo chiodo fisso, i nuovi piatti li assaggiano tutti, dai collaboratori di cucina a chi lavora in Hotel per finire ai proprietari. Lui ascolta, aggiusta, definisce. “Less is more” sembra essere il suo motto.


E’ grande accogliente ha le mattonelle colorate di azzurro e con un buon odore di pulito la cucina di Zàghara . Ci apre il suo scrigno Marco Calabrese e dentro troviamo ad accoglierci due giovani della brigata dello chef, sono i capi partita Mattia Cammarata e Yassin Naoum . Uno addetto ai secondi l’altro agli antipasti con una passione per i dolci. Stanno preparando per la sera, c’è un branzino da comporre a tartare, ha marinato per 24 ore con sale e zucchero e adesso è pronto per essere preparato. Lo completano a sei mani Marco lo chef, Mattia e Yassine, sorridono e raccontano di come nasce un piatto o di come si gestiscono le comande quando la sala è piena. Sulla tartarre va una crema leggerissima al latte di mandorla e guarnito da mandorle tostate e buccia di limone caramellata.
C’è una cifra tra le tante che emerge dirompente in questo gruppo di lavoro, è il sorriso. Dal direttore di sala Domenico Cammarata che sceglie sempre il vino giusto. Alla tartare ha abbinato un Insolia di una cantina autoctona siciliana , a chi sta in sala ed accoglie. Si comincia a respirare già entrando quell’odore di buono che poi resta nel gusto e nella testa.