SAN CATALDO. Quella di oggi è una giornata davvero speciale per i sancataldesi. Il 26 aprile è infatti ricordato dai sancataldesi, per l’improvvisa chiusura al culto della loro Chiesa Madre nel 1965 a motivo di una frana. L’allora Arciprete Gabriele Nicosia ne rimase profondamente colpito e Salvatore Arcarese, autore del volume “San Cataldo e Sancataldesi” registra nel suo libro che “il viso dell’Arciprete Nicosia si scoloriva alla inaspettata notizia, che lo colpiva direttamente al cuore”. Tutta la Città di San Cataldo, nessuno escluso, si ribellò alla drastica decisione, aggravata ancor più dalle voci insistenti della necessità di abbattere la Chiesa Madre per ricostruirla in un luogo più sicuro. Un nutrito gruppo di sancataldesi occupò il santo tempio suonando a stormo le campane a tutte le ore del giorno. La protesta dell’intera Città non fu vana e i sancataldesi ottennero quello che volevano: il tempio, pur rimanendo chiuso per ragioni di sicurezza, non sarebbe stato più demolito. La costituzione di un comitato cittadino, capeggiato dall’Onorevole Giuseppe Alessi, riuscì attraverso un coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni locali a raccogliere i fondi da utilizzare per alcuni lavori urgenti di risanamento. Era la Domenica successiva l’8 dicembre del 1979, quando l’Immacolata rientra dalla Chiesa dei padri Mercedari non più a San Giuseppe, ma definitivamente nella sua Casa. Il suono festoso delle campane, la banda cittadina che intonava la “Salve Regina”, i fuochi d’artificio, annunciavano la riapertura della Chiesa Madre. Il rientro avvenne intorno alle ore 17.30. Il Vescovo Alfredo Maria Garsia e l’Arciprete Gabriele Nicosia celebrarono la prima Santa Messa alla presenza di tutta la Città di San Cataldo.