Salute

Mostra terremoto Belice Melo Minnella

Carmelo Barba

Mostra terremoto Belice Melo Minnella

Lun, 22/01/2018 - 07:50

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MUSSOMELI –  Terremoto del Belice cinquant’anni dopo negli scatti di grandi fotografi, e tra loro le foto del Maestro Melo Minnella che più volte, allora trentenne, si recò a Montevago, Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, con la sua inseparabile macchina fotografica per censire i beni culturali gravemente danneggiati dalla terribile scossa che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio, squassò quella parta di Sicilia occidentale. Quasi 300 i morti, 1000 i feriti e 70 mila gli sfollati. Interi paesi rasi al suolo.  La mostra che farà rivivere quel dramma collettivo, sarà inaugurata il prossimo 28 gennaio a Palazzo Sant’Elia a Palermo. E’ realizzata a cura delle Fondazioni Orestiadi e Sant’Elia e si avvale dei patrocini di: Commissione Europea, Comune di Palermo e Città Metropolitana di Palermo, e come partner annovera: Comune di Gibellina, CRESM di Gibellina, Rai Sicilia, Rai Teche, Comune di S. Margherita di Belice. Museo della Memoria di S. Margherita di Belice. La mostra “Cinquant’anni dal terremoto del Belice, vicende e visioni” rimarrà aperta sino al 13 marzo e oltre agli scatti del Mastro Minnella, ospiterà quelli dei fotografi Letizia Battaglia, Enzo Brai, Nino Giaramidaro, Nicola Scafidi.  Il maestro Minnella, nel cinquantesimo del terremoto è stato anche ospite in studio di importanti emittenti televisive e ha ripercorso quei giorni disastrosi.  Sentito in merito ci ha detto: “Vivevo già a Palermo da tempo, all’epoca. Quando ci fu la violentissima scossa in piena notte, ero a letto come tutti e ci prendemmo un grandissimo spavento perché vivevamo in uno di quei palazzoni molto alti ubicato in via Maggiore Pietro Toselli. La paura fu davvero tanta. La gente era nel panico. La prima cosa della quale mi preoccupai fu di mettere in salvo i miei genitori e quindi, temendo nuove scosse, li accompagnai con la mia auto a Mussomeli dove avevamo una casa in campagna, in zona elevata. Ma eravamo in pieno inverno e la casa era gelida perché priva di riscaldamento. A quel punto preferimmo rientrare a Palermo. Meglio morire al caldo che congelati, concordammo. Quindi, dopo averli riaccompagnati a Palermo, mi recai nella Valle del Belice con la mia auto, e ci andai più volte nei giorni seguenti, per documentare soprattutto la situazione dei beni culturali. Noi siciliani non eravamo abituati alla salvaguardia dei nostri beni, tant’è che si decise di abbattere tutto. Con le mie foto sono riuscito a documentare quel che allora era rimasto in piedi, ma ad ogni viaggio, mancava sempre qualcosa all’appello, nel senso che si procedeva con gli abbattimenti delle strutture pericolanti. E con esse veniva giù anche gran parte del nostro patrimonio culturale”.  Di quei beni culturali insomma è rimasto davvero poco. E quel che rivive è immortalato negli scatti del Maestro Minnella e di altri fotografi che come lui documentarono quella terribile tragedia. (di ROBERTO MISTRETTA)

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