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“Casta tumens inani superbia”. Parlamentari nisseni degli ultimo 30 anni: la moderna scienza dimostrerà che non sono mai esistiti

Michele Spena

“Casta tumens inani superbia”. Parlamentari nisseni degli ultimo 30 anni: la moderna scienza dimostrerà che non sono mai esistiti

Mar, 18/10/2016 - 10:32

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Ripercorrendo la storia dei parlamentari nisseni degli ultimi trent’anni, viene subito in mente quella favola di Fedro dal titolo “Graculus superbus et pavo” (ovvero “La cornacchia superba e il pavone”).

La favola racconta di una cornacchia gonfia di inutile superbia che, raccolte le piume cadute ad un pavone, si camuffa, intrufolandosi nella bella comitiva, prendendo a disprezzare i suoi simili. Scoperta dai pavoni questi la scacciano a beccate. Malconcia, non le resta che tornare dai suoi simili, dai quali, giustamente, viene da quel momento disprezzata.

In effetti, tornando ai nostri “statisti” di provincia, erettisi a novelli falsi pavoni, della loro presenza nelle patrie istituzioni – e soprattutto della loro rappresentanza nel territorio – oltre a non lasciar traccia materiale, difficilmente ne lasceranno in quella della storia locale (se non per le mensili prebende transitate nei loro conti bancari). Chissà, magari la moderna scienza riuscirà anche a dimostrare che non sono mai esisti; che sono stati solo frutto di immaginazione.

Ma, a parte le battute, questo nostro territorio ha nel passato anche saputo esprimere politici di elevato livello culturale e morale: si pensi a Napoleone Colajanni, Agostino Lo Piano, Rosario Pasqualino Vassallo, Salvatore Aldisio, Giuseppe Alessi, Pompeo Calajanni, Guido Faletra, Emanuele Macaluso, che hanno saputo, in diverse fasi, rappresentare al meglio questo nostro lembo di Sicilia, con autorevolezza e con ammirazione di compagni ed avversari. Il loro impegno, nei diversi decenni, ha spaziato dall’anticorruzione di Napoleone Colajanni, all’antifascismo di Pompeo Colajanni, all’impegno per la ricostruzione nel secondo dopoguerra di Salvatore Aldisio e Giuseppe Alessi, sino alle battaglie a favore degli zolfatari e dei contadini di Guido Faletra, Emanuele Macaluso ed altri. Figure di politici, dunque, credibili, di prestigio, di spessore, amati dai propri elettorati; insomma di livello certamente superiore a quelli di oggi.

Nella stagione della grande politica, soprattutto quella del secondo dopoguerra, i gruppi parlamentari maggiori erano strutturati a più livelli. Il primo era quello costituito dai dirigenti di spicco, quelli con cariche nazionali, al secondo appartenevano quelli che svolgevano la loro azione nei territori. Ma, il loro ruolo non era affatto secondario rispetto ai primi, anzi forse era ancor più prezioso; comunque di grande autorevolezza. Oggi i nostri parlamentari rappresentano solo un numero, un’indennità, non sono nemmeno gregari.

A guardare le pagine del parlamentarismo nisseno di quest’ultimo trentennio viene davvero lo sconforto. Basterebbe fare una carrellata su quello che si lasciano alle spalle: strade e collegamenti viari da regie trazzere di periodo borbonico (vedi il Vallone, lasciato nel medesimo stato disastrato di cui è da decenni, al di là dei ciclici convegni e passerelle politiche a cui nessuno crede più). C’è poi chi spazia, ad ampio raggio, tra l’assillo dei temi etico-religiosi sino alle questioni Tav, ma sulla sua presenza in parlamento e nel territorio nessuno si è mai accorto. Infine chi, in carica sino a poco tempo fa, oltre alla figura barbina sugli schermi televisivi nazionali, gli si contestano somme per “fini istituzionali” non sufficientemente giustificate (tra cui, finanche, celebrazioni di messe).

Costoro, assieme a tutte le altre comparse che si sono affacciate a quelle cariche negli ultimi lustri – compreso chi oggi guida la Regione siciliana, con la sua “morale elastica” (vedi le trivellazioni a mare, i boschi ceduti ai privati per centrali a biomasse, sino alle posizioni Mous) – ci consegnano, diciamocelo francamente, una terra dalle speranze di cambiamento sempre più labili, in un collasso quasi definitivo, dove c’è davvero ben poco da sperare e da cui aspettarsi. Mancano le risorse (si dice spesso: “poche e mal gestite”), ma mancano soprattutto le istituzioni e finanche i fondamenti psicologici per condurre nuove battaglie: quelle di civiltà, di giustizia, di democrazia, di sviluppo (alla Danilo Dolci per intenderci). E’ ormai tutto un caos. E’ tutto un magma indistinto, dove è impossibile districarsi persino tra mafia e antimafia. La Sicilia sembra ormai un motore fuso. Gli ultimi noiosi e ripetitivi dati sulla disoccupazioni ci forniscono cifre da catastrofe sociale.

E allora l’unica cosa utile che i nostri vari parlamentari potrebbero fare, per questa terra dalle ferite ormai insanabili, sarebbe quella di impegnarsi su provvedimenti che incoraggino l’emigrazione dei nostri giovani. Sostenere cioè, con fondi pubblici, – visto che la stragrande maggioranza delle famiglie siciliane ormai non se lo può più permettere – la partenza dei giovani. I giovani potrebbero trasferirsi, grazie a questi aiuti, nei paesi esteri più sviluppati per cercare, almeno lì, un futuro più dignitoso. Le prime spese sarebbero a carico delle istituzioni pubbliche (che almeno in questo caso servirebbero a qualcosa). Si tratterebbe d’altronde di spese di solo andata e di primo soggiorno. L’idea che potrebbe sembrare provocatoria, a dire il vero, è già stata proposta in Sardegna, dove un sindaco ha detto: “Qui i nostri ragazzi non hanno più possibilità e allora perché non aiutarli a trovare un’alternativa altrove?”. D’altronde, oggi, in Sardegna, come in Sicilia, con i tassi di disoccupazione che ci ritroviamo assai poche sono le speranze per le giovani generazioni.

Ed in questo “andamento lento” il presente si stratifica nella rassegnazione di un futuro che si propone all’infinito.18

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