MUSSOMELI – A seguito della visita dei fotografi Irene La China e Salvatore Brancati, innamorati del grande patrimonio artistico di Mussomeli, torna alla ribalta il suggestivo Crocifisso di San Giovanni Battista che, a seconda da dove lo si osserva, cambia espressione e simboleggia: la sofferenza, la morte e la resurrezione. Ad accompagnare i due fotografi/studiosi sono stati Salvo Genco, sangiovannese doc e Giovanni Mancuso fotografo a sua volta e curatore della seguitissima pagina Fb Mussomelesi nel mondo. Si ipotizza insomma, come per altro già a suo tempo affermato dall’ex parroco padre Sebastiano Lo Conte, che tale Crocefisso possa appartenere alla bottega di Frate Umile e di Frate Innocenzo da Petralia, al pari di quello struggente che si custodisce nella chiesa dei Monti.Se così davvero è, lo si saprà presto insomma, stante agli annunci già postati, anche se non sarà certo tale eventuale scoperta a suggellare l’importanza di Mussomeli nel panorama delle cittadine d’arte. Basti dire che a San Giovanni, soltanto per citare una sola
della antiche chiese, sono custoditi autentici capolavori come la statua dell’Addolorata dello scultore napoletano Francesco Biancardi (1875), la tela della Vergine con S. Elisabetta (1600) attribuita a Pietro D’Asaro meglio noto come il Monocolo di Racalmuto, il quadro della Madonna della Misericordia del 1780 del pittore Giuseppe Crestadoro, lo splendido Bambinello sempre del Biancardi salvato dal parroco Mulè prima che finisse in mano ad un rigattiere, e anche due interessanti tele di fra’ Felice da Sambuca che raffigurano La morte del Giusto e La morte del reprobo. Per altro, secondo una recente teoria, in questa chiesa che risale primi anni del XVII secolo (fu costruita però su una precedente chiesetta di cui si hanno notizie fin dal 1558), si ritroverebbero anche simboli templari. Di certo di croci che potrebbero appartenere allo storico ordine fondato nel 1120 per assicurare l’incolumità ai pellegrini che si recavano in Terra Santa, ve sono parecchi, ma va anche detto che, per le croci templari non c’è unicità, perché nel corso degli anni ne sono state adottate di diversi tipi e forme, e spesso neanche in maniera univoca. E tuttavia, al di là delle suggestioni provocate da libri e film di successo (vedi Il codice da Vinci), nella chiesa di San Giovanni Battista, sono tutt’ora presenti non pochi altri segni, a partire proprio dalla denominazione (San Giovanni è il protettore dell’ordine dei Cavalieri Ospitalieri e Cavalieri Gerosolimitani, nato a Gerusalemme intorno all’anno 1050). Altri segni si rintraccerebbero in quadri e dipinti. In un grande quadro sono raffigurati i santi Pietro Nolasco e San Giovanni De Matha, il primo fondatore dell’ordine della Mercede, ovvero il riscatto pagato ai saraceni che prendevano i pellegrini in ostaggio. L’altro santo è fondatore di un ordine con le stesse finalità. Inoltre, se si osserva l’affresco del soffitto, nell’ultimo riquadro si notano i fondatori dei templari. Accanto alla glorificazione di San Giovanni Battista, troviamo un nobile in piedi e un altro cavaliere in ginocchio. Di fronte si vedono: il vescovo Iacono in ginocchio, il parroco Mulè e il seminarista Alessi. Se si guarda bene si potrà notare sul petto del cavaliere in piedi, ben visibile, la stessa croce che troviamo nella chiesa, ovvero la croce a nido di rondine di cui sono presenti diverse rappresentazioni.

