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Caltanissetta, assemblea regionale “Possibile in Sicilia”: intervento di Costantino Scarantino

Redazione

Caltanissetta, assemblea regionale “Possibile in Sicilia”: intervento di Costantino Scarantino

Sab, 07/11/2015 - 07:16

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319908_1844107281558_2132524413_nCALTANISSETTA – Costantino Scarantino (nella foto), Portavoce del Comitato di Caltanissetta ha espresso entusiasmo per la grande partecipazione all’Assemblea regionale, svoltasi a Catania, e per il nuovo percorso politico di Possibile che andrà a concretizzarsi in Partito. Dopo la relazione introduttiva tenuta dalla coordinatrice regionale Valentina Spata sono intervenuti gli iscritti del Movimento dei vari comitati costituiti in tutta la regione. Presenti all’assembela autorevoli rappresentanti del mondo della scuola e dell’università. Per il Comitato di Caltanissetta sono intervenuti anche Peppe Marino e Martino Messana  che insieme a Scarantino e ad Elio Belfiore sono stati designati delegati all’assemblea nazionale che si svolgerà a Napoli il 21 Novembre prossimo.

Costantino ha presentato un documento sulla Questione Meridionale scritto dal Prof. Elio R. Belfiore Ordinario di Diritto penale – Dipartimento di Giurisprudenza – Università di Foggia, nonchè membro del Comitato di Caltanissetta.
Il documento: la centralità della questione meridionale per un possibile riscatto. Poco prima di Ferragosto, l’intervento di Matteo Renzi alla direzione del PD dedicata al Sud, prescindendo da alcune eccessive (forse inevitabili) semplificazioni (legate, da un lato, alla tipologia del personaggio e,dall’altro,ad esigenze di comunicazione mediatica rapida e facilmente accessibile), prescindendo da alcune eccessive (forse inevitabili) semplificazioni (legate, da un lato, alla tipologia del personaggio e, dall’altro ,ad esigenze di comunicazione mediatica rapida e facilmente accessibile) – alludo al suo “basta ai piagnistei del Sud” che tanta eco ha avuto sulla stampa – depurato da tutto questo, dicevo, l’intervento di Matteo Renzi contiene alcune affermazioni estremamente importanti. Dice testualmente Renzi: “Questa retorica del Sud abbandonato è autoassolutoria per una parte della classe dirigente del Mezzogiorno”. E ancora: “Il problema del Sud non è la mancanza di soldi ma la mancanza di politica”. Osserva al riguardo Alessandro Bellavista su Repubblica Palermo dello scorso 13 agosto: “Questi punti del discorso del premier individuano la causa fondamentale della permanente condizione di sottosviluppo del Sud”. Anch’io, nel mio piccolo,sottolineavo la stessa cosa in un breve intervento apparso qualche tempo fa su La Sicilia-Cronaca di Caltanissetta. Peccato che, per lo meno fino a questo momento, alla denuncia di Renzi circa la “mancanza di politica al Sud” non siano seguiti fatti e comportamenti concludenti. La creazione di una nuova classe dirigente del PD si è fermata “al centro”, limitandosiallarottamazione di D’Alema, Bersani, Letta e di qualche altro esponente della “vecchia guardia”. Anzi, al contrario, non v’è chi non veda come il clima di perenne conflittualità che si respira all’interno del più importante partito della sinistra italiana,abbia finito col favorire il rafforzamentodei potentati locali: basti pensare al malaffare di “Roma Capitale” o ai continui rimpasti della Giunta Crocetta, per non parlare del tracollo di quella “antimafia di facciata” germogliata sul tronco della speranza della nascita di una classe imprenditoriale siciliana finalmente rinnovata e, soprattutto, definitivamente sganciata dalle ataviche compromissioni con il potere politico-mafioso. Il punto è proprio questo: al di là di tutti gli “accidenti” esterni e le eredità storiche di un passato di terra di conquista, la storia del Mezzogiorno (a partire almeno dall’Unità d’Italia) dimostra che i principali problemi coi quali oggi ci troviamo a dover fare i conti sono stati originatidalla mancanza di una classe politica in grado di perseguire interessi collettivi. Come bene è stato scritto, il politico del Sud, se si eccettuano isolati casi virtuosi, ad una energica azione di rinnovamento della società ha preferitola nicchia di rapporti contrattual-clientelari in vista del conseguimento di facili consensi di tipo elettoralistico: il che ha tradizionalmente comportato la sapiente gestione di operazioni di basso profilo idonee a garantire piccoli interessi di bottega privi di qualunque spessore sul piano generale. Molto è apparentemente cambiato, ma solo allo scopo di mantenere le condizioni di partenza. Per citare Nord e Sud di Francesco Nitti, “politicamente l’Italia meridionale … è apolitica”: essa infattinon è “né conservatrice, né liberale, né radicale”. E’ così che la corrispondenza tra politica e società meridionale si è nella realtà rivelata null’altro che una correlazione biunivoca tra singoli politici e singoli cittadini, ciascuno dei quali trae vantaggi personali (o, al più, estesi al nucleo familiare o relazionale) che nulla di positivo apportanoalla comunità nel suo complesso. Il particolarismo che ha caratterizzato (e che continua inesorabilmente a caratterizzare) la realtà normativa e amministrativa del Sud si è storicamenteconcretizzato nella introduzione di una pletora di disposizioni buone solo a soddisfare gli interessi di piccole enclaves sostenitrici di personaggi politici ben individuati.

Lo spettacolo del consueto “assalto alla diligenza” cui soprattutto (ma per la verità non solo) i politici meridionali ci hanno abituato in occasione del varo delle (vecchie) leggi finanziarie (oggi leggi di stabilità) si è da sempre tradotto in una sfilza di norme infilate di straforo senza la benché minima visione d’insieme. Si tratta diuna situazione arcinota, ormai ampiamente cristallizzata nel tempo, cui non poco hanno contribuito anche l’accumulazione e la stratificazione di abitudini consolidate all’insegna del soddisfacimento di interessi contingenti. Gli aiuti economici e finanziari pomposamente sbandierati come conquiste ardimentose non hannoin effetti minimamente scalfito la situazione di degrado dell’ordine pubblico, pessima istruzione, malasanità, inefficacia dell’azione amministrativa incancrenita da una burocrazia corrotta e obsoleta. Il costo di questa condizione è sotto gli occhi di tutti: fiumi di denaro pubblico disperso in mille rivoli. Le buone pratiche, la governance, la politica economica camminano sulle gambe della classe dirigente e se questa ha i piedi d’argilla è facile prevedere quale sarà l’epilogo del suo percorso. Ecco allora come il problema della questione meridionale si saldi – oggi – indissolubilmente con quello della selezione del ceto politico. Imprescindibile è a questo punto l’apertura di un dibattito sui livelli di democrazia riscontrabili all’interno dei partiti: occorre cioè verificare quale sia nell’ambito delle varie formazionilo standardirrinunciabile di rispetto delle “regole” che deve pretendersi per una vita che sia davvero democratica all’internodeigruppi protagonisti della lotta politica, in modo tale da evitare forme di prevaricazione e abuso tra le diverse fazioni che si contendonola guida del partito. E’ un tema cruciale che – beninteso – non riguarda solo i partiti; esso coinvolge settori nevralgici della società: si pensi, ad esempio, ai sindacati, alla scuola, alle università. Civati, con la sua iniziativa referendaria, ha il merito di ri-portare al centro dell’attenzioneproblematichecosì importanti per la democrazia e la libertà di tutti. Auguro pertanto a Civati e al suo movimento il successo che merita.

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