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Peppino Mancuso: “I nisseni non amano la città”

Redazione

Peppino Mancuso: “I nisseni non amano la città”

Dom, 22/05/2011 - 15:06

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CALTANISSETTA – Consigliere comunale, deputato regionale, sindaco di Caltanissetta (il primo ad essere eletto direttamente dai cittadini, secondo la legge regionale del 1992), firmatario all’Ars di un disegno di legge su “Provvedimenti straordinari per lo sviluppo civile, sociale ed economico della città di Caltanissetta”, presentato il 31 gennaio 1975 insieme all’onorevole Grammatico, ma innanzitutto “cittadino nisseno”. Lo rivendica ancora oggi con orgoglio Giuseppe Mancuso, Peppino per gli amici e per tutti quelli che hanno creduto nelle battaglie da lui sostenute, dai banchi dell’aula consiliare di Palazzo del Carmine a quelli di Palazzo dei Normanni.

Oggi osserva con occhio critico e con grande disappunto la deriva del Paese, della politica e della dialettica, a tutti i livelli, da quello nazionale all’ambito locale, ben cosciente che così non si va da nessuna parte. Il Fatto Nisseno lo ha incontrato nello studio di corso Umberto, al civico n. 2, per una chiacchierata su come è cambiato negli ultimi venti anni il modo di intendere la politica locale.

Lei è stato sindaco di Caltanissetta, città per la quale si è speso tanto ma non tutti i nisseni compresero quello slancio. Quali sono state secondo Lei le ragioni?

“Premetto che io amo molto questa città – dice l’avvocato Mancuso – ma non amo assolutamente i nisseni. Ho sacrificato gran parte della mia vita per Caltanissetta ma i risultati non sono stati positivi perché sono i nisseni che non amano questa città. Basti ascoltare gli abitanti di Enna, di Agrigento, bisogna vedere come parlano bene delle loro città: i nisseni, invece, il sabato sera se ne vanno a San Cataldo pur di non prendere la pizza a Caltanissetta. Io sono nato a San Domenico, in via Natale, e sono cresciuto ascoltando la mattina presto gli zolfatai che andavano al lavoro. Sapevo che a volte accadevano disgrazie in miniera e quando giocavo con i loro figli soffrivo pensando che ogni giorno che passava qualcuno di loro poteva rimanere orfano. Credo che il mio attaccamento a Caltanissetta sia nato allora”.

Che ricordo ha degli anni a Palazzo del Carmine e del confronto con il consiglio comunale di allora e con le opposizioni?

“Ho bei ricordi, anche per quanto riguarda i rapporti con le opposizioni, anche da consigliere comunale: pur essendo partiti allora completamente avversi le grandi battaglie per la città, per l’acqua, per le strade, le abbiamo fatte insieme. E poi ho sempre pensato che i problemi bisogna volerli risolvere. Per l’acqua, dopo centinaia di richieste, andammo di notte a Palermo, non ci vollero fare entrare a Palazzo d’Orléans ed allora mi misi la fascia tricolore e sfidai chi era all’ingresso ad arrestarmi perché ero lì a perorare la causa di una città senz’acqua. Solo così gli agenti ci consentirono l’ingresso e a mezzanotte incontrammo il presidente della Regione, che diede la sua parola. E a Caltanissetta l’acqua non mancò più. Era il dicembre del 1993, qualche settimana dopo la mia elezione a sindaco. Ma non ho mai preteso riconoscimenti per quello che facevo perché la mia aspirazione era essere al servizio della città. E poi devo sottolineare che sono riuscito a fare tante cose grazie all’impegno degli impiegati comunali, ai quali ho voluto trasmettere l’amore per la città, che andava consegnata più bella ai figli e ai nipoti. Così abbiamo sistemato i giardini pubblici, creandone anche di nuovi come villa Monica. Ma i nisseni questo non hanno voluto capirlo”.

Destra, sinistra, centro: una volta era così, ora il bipolarismo invece di allentare le tensioni sembra alimentare il “tutti contro tutti”. Quale è il suo giudizio su ciò che sta succedendo oggi con la perdita della dialettica politica, sostituita da scontri costanti, nei consigli comunali, in particolare a Caltanissetta, e addirittura in Parlamento?

“Si sono perduti i valori, le idee per le quali noi ci battevamo, non ci sono più ideali, che sono molto importanti in politica. Intanto trovo che non sia una cosa onorevole, una cosa da uomini passare da una corrente all’altra, da un partito all’altro e poi oggi io non vedo un solo partito in cui si trovino ancora gli ideali per i quali io e tanti altri ci siamo battuti, ora c’è solo egoismo e la vita civile non si può fondare sull’egoismo”.

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