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Caltanissetta, Carlo Sorbetto: Centro storico luogo simbolo della città

Redazione

Caltanissetta, Carlo Sorbetto: Centro storico luogo simbolo della città

Gio, 07/06/2018 - 09:38

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CALTANISSETTA – RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. Uno degli aspetti più gravi della crisi del nostro tempo è che il volto umano della città va scomparendo; il quadro che si presenta ai nostri occhi è preoccupante. La città oggi non è più in grado di garantire né l’identità dei suoi cittadini, né la loro vivibilità sociale. La condivisione delle comuni regole del vivere e del convivere sociale, su cui si fonda il senso di appartenenza dei cittadini tra di loro, oggi si è incrinata in seguito al moltiplicarsi sul territorio di identità culturali, etniche e religiose diverse. Ciò, oltre a frammentare il tessuto culturale della città, rende difficili o impossibili le relazioni interpersonali. E’ nato così un modo nuovo di concepire l’abitare, a causa sia dello smembramento del territorio, sia della numerosa presenza di immigrati, sia del crescente divario tra i quartieri del centro storico, quelli di nuova espansione e quelli della periferia, ridotti spesso a veri e propri “dormitori”. Per usare un’immagine, potremmo dire che hanno perso visibilità e significato i principali luoghi-simbolo, intorno ai quali la città è nata, si è costruita e dai quali traeva alimento fino a non molti anni fa: la Piazza, il Municipio, la Cattedrale. Vediamo, più da vicino che cosa comporti questo triplice impegno: 1) la vecchia Piazza ha cominciato a perdere significato sociale, man mano che la vita di relazione si andava facendo via via più difficile. La presenza dell’altro e l’incontro tra diversi, di cui la Piazza è stata sempre il simbolo, sono vissuti oggi non più come una ricchezza, ma come un ostacolo che rende più difficile l’integrazione sociale e spinge i cittadini a isolarsi. La disoccupazione, la precarietà, la diffusione delle droghe e altre piaghe sociali hanno finito con il creare nuove sacche di povertà e nuove barriere psicologiche, alle quali si è aggiunto, da ultimo, l’espandersi disordinato del fenomeno immigratorio. Perciò, in città si moltiplicano i casi di discriminazione e di esclusione sociale, mentre la distanza tra il Centro storico e gli altri quartieri cresce a dismisura sul piano culturale, nonostante che dal punto di vista urbanistico siano contigui e formano un’unica città; 2) il Municipio, così come la Piazza oggi non è più il luogo-simbolo di quello spirito di servizio, da cui hanno avuto origine l’idea e il nome stesso di Comune. Il Municipio dovrebbe essere il primo volto dello Stato che il cittadino vede e con il quale s’incontra; è il luogo dove egli fa la prima esperienza della complessità della vita sociale, dei suoi conflitti e delle sue speranze. Si può dire che il senso dello Stato nasce e muore all’ombra del Municipio, dove i problemi locali s’intrecciano con quelli nazionali. Il Comune, perciò, è chiamato a essere una vera e propria «palestra di costruzione politica generale ed esaltazione della politica come attività etica architettonica». Come può la gente (dopo i fatti di cronaca nazionale) avere fiducia nello Stato e conservare il necessario senso civico, se gli amministratori e i responsabili della cosa pubblica sono i primi ad agire in modo non trasparente se non addirittura illegale? Se coloro che per ufficio devono imporre sacrifici alla gente, sono i primi a ritenersi esonerati dal farli? La disonestà e l’avvilente spettacolo di una classe dirigente preoccupata più del proprio interesse personale che del bene comune, minano alla radice il senso civico dei cittadini e la cultura della legalità. Se cede il Comune, muore la legalità; se muore la legalità, muore la città; se muore la città, muore lo Stato. Solo aprendosi alla società civile, il Palazzo di Città potrà tornare a essere luogo-simbolo della città moderna e contribuire così al rinnovamento anche del Paese. Sia la Piazza, sia il Comune devono diventare il luogo, anzi la scuola, dove i cittadini imparano a vivere uniti rispettandosi diversi; 3) la Cattedrale, riguarda il nuovo modo di porsi, come luogo-simbolo della dimensione spirituale della convivenza umana. Infatti, se è vera la diagnosi che abbiamo fatto della crisi della città, è chiaro che la soluzione non può venire soltanto dall’elaborazione di un nuovo piano urbanistico. A che servirebbe rendere i centri urbani più belli e attraenti dal punto di vista architettonico, se poi rimanessero spiritualmente e culturalmente fatiscenti? Il futuro della città, infatti, dipende molto più dal costume e dalla cultura dei cittadini che dalla bellezza dei suoi edifici o dal buon funzionamento delle istituzioni e dei servizi. E’ illusorio pretendere di rigenerare i quartieri degradati, solo varando un piano regolatore di ristrutturazione urbana; è importante, invece, dare un’anima alla città, ripartendo dalle qualità civili e morali dei cittadini. Solo recuperandone l’identità culturale e spirituale perduta, si può rendere umanamente vivibile lo spazio urbano; si tratta, dunque, di ristabilire un ethos condiviso, in base al quale realizzare l’unità nella pluralità e garantire il bene comune. Ecco perché, accanto alla necessità di nuove Piazze e di un Palazzo di città aperto alla società civile, occorre che anche la Chiesa rinnovi il suo rapporto con la città e con i suoi cittadini. La presenza della Cattedrale nel centro della città deve essere il simbolo eloquente del molto che la Chiesa ha da ricevere dai cittadini e del molto che la Chiesa ha loro da offrire. E’ importante, perciò, che le porte della Cattedrale siano sempre aperte, affinché chiunque dalla città possa agevolmente “andare in Chiesa” e dalla Chiesa possa “andare in città”. Per capirci meglio, il senso della Città che ha la possibilità di «andare in Chiesa» significa riconoscere che i problemi della convivenza civile e dell’uomo hanno una dimensione spirituale e trascendente. L’uomo e Dio stanno insieme: se l’uomo perde Dio, perde se stesso; se ritrova se stesso, ritrova Dio. Concludendo: affinché la Piazza, il Municipio e la Cattedrale tornino a essere luoghi-simbolo di una città a misura d’uomo, si chiede impegno e responsabilità da parte di tutti.

 Carlo Sorbetto

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