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Messina Denaro: il killer spietato rimasto latitante per 30 anni

Elvira Terranova - Adnkronos

Messina Denaro: il killer spietato rimasto latitante per 30 anni

Lun, 25/09/2023 - 08:45

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Un KILLER SPIETATO, amante della bella vita, l’ultimo uomo della stagione stragista, riuscito a fare sparire le sue tracce per trent’anni, grazie alla rete di complicità che aveva creato. Eccolo, Matteo Messina Denaro, morto a 62 anni, nel reparto detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, dopo un’agonia durata diverse settimane per il tumore al colon al quarto stadio. Nelle ultime settimane all’ex primula rossa, dopo l’intervento d’urgenza per il blocco intestinale, era stata somministrata la terapia del dolore. Tra momenti di lucidità e altri di grande sofferenza, il boss mafioso, è stato curato dal team di medici che lo hanno preso in carico dal giorno sel suo arrivo al carcere di sicurezza dell’Aquila. Lì gli hanno somministrato diversi cicli di chemioterapia, ma la malattia era ormai a uno stadio molto avanzato.

Ma chi era Matteo Messina Denaro?

Ufficialmente il suo nome viene iscritto nella lista dei ricercati il 2 giugno del 1993. Perché ritenuto colpevole di 4 omicidi e di associazione mafiosa. A 31 anni è ritenuto leader indiscusso delle nuove leve di Cosa nostra. Colui che ha traghettato la mafia dalle stragi mafiose a quella degli affari. Di lui, fino a quel momento, non si hanno foto segnaletiche né impronte digitali. L’ordinanza viene firmata dal gip dopo le accuse del collaboratore di giustizia Balduccio Di Maggio, lo stesso che fece arrestare il boss Totò Riina il 15 gennaio del 1993.

Anche se il giovane Messina Denaro, che gira con il Rolex al polso e con vestiti firmati, ha già fatto sparire le sue tracce già da qualche mese, prima ancora della misura cautelare perché intuisce l’aria che tira. Nel 1993 Matteo Messina Denaro è un boss emergente ma molto in vista, proprio perché figlio di don Ciccio Messina Denaro, boss che verrà fatto ritrovare morto nel 1998, dieci anni dopo la sua latitanza. Il figlio Matteo è entrato nelle grazie del boss Totò Riina che lo aveva definito un ‘picciotto in gamba’, un ragazzo sveglio, insomma. Un enfant prodige di cosa nostra, un giovane leone rampante su cui Cosa nostra puntava molto. Riina lo apprezza molto. E fa affidamento su di lui. Diventa parte attiva dell’organizzazione mafiosa.

 Matteo Messina Denaro era accusato di decine di omicidi. E delle stragi mafiose del 1992 e del 1993, “al Continente”. Proprio di recente la Corte d’assise d’appello di Caltanissetta aveva confermato la sua condanna all’ergastolo. Prima ancora era stato condannato per le stragi del 1993. Firenze, Roma e Milano. Le cosiddette stragi continentali di Cosa nostra, che dopo aver eliminato nemici storici – Falcone e Borsellino – passa a colpire civili inermi, con l’obiettivo di destabilizzare il Paese e ottenere un alleggerimento delle condizioni carcerarie. Cosa nostra voleva creare ”una sorta di stato di guerra contro l’Italia”, da attuare con il ricorso a una precisa strategia di tipo terroristico ed eversivo, che andasse oltre i metodi e le finalità della criminalità organizzata visti sino a quel momento. Cosa Nostra, con quelle bombe, voleva ”costringere lo Stato alla resa davanti alla criminalità mafiosa”.

Cosa nostra compie un altro salto. Gli investigatori sono stati alla ricerca di Messina Denaro per quasi 30 anni. E più volte sarebbero stati vicino al boss mafioso. Ci sono stati dei momenti in cui gli investigatori erano convinti di essere molto vicini. Certamente l’unico vero covo trovato fu quello di Bagheria (Palermo). Quando venne arrestata Maria Mesi, che di recente è stata nuovamente indagata per favoreggiamento. Gli inquirenti erano certi che la donna incontrasse il boss in un appartamento di Aspra, nel palermitano. Nel nascondiglio vennero trovate tracce del capomafia: una consolle Nintendo, un foulard di Hermes.

La casa venne tenuta sotto controllo per un mese, ma qualcuno avvertì il capomafia ricercato che smise di andarci. La Mesi venne condannata in primo e secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia. Mettendo i suoi telefoni sotto controllo gli investigatori erano riusciti a scoprire che riceveva chiamate da cellulari in uso al boss. Interrogata dalla polizia, la donna affermò di conoscere il latitante esclusivamente per motivi professionali. Ma Matteo Messina Denaro è stato segnalato in questi anni in Sudamerica, a Dubai, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi. Ma non c’è certezza. Lo dicono i collaboratori di giustizia. Tutto da verificare. L’unica certezza è che Messina Denaro è stato i Spagna a curarsi gli occhi prima della sua lattanza. Ci sono sospetti che fosse andato anche dopo. 

Quando la polizia fece irruzione nell’appartamento che era stato individuato, trovò in frigorifero alcune confezioni di caviale e salse austriache. C’erano poi una stecca di Merit, un foulard e un bracciale prezioso acquistato in una gioielleria di Palermo. Su un tavolo c’erano giochi della Nintendo e un puzzle a cui mancava un pezzo. C’era anche una lettera scritta all’azienda produttrice e non ancora spedita in cui l’abitante della casa chiedeva che gli fosse spedito il pezzo mancante. La polizia è convinta che l’abitante di quella casa fosse Matteo Messina Denaro e che qualcuno l’abbia avvertito. Matteo Messina Denaro in un così lungo periodo di tempo “ha goduto di una serie di protezioni a diversi livelli, da quello di chi gli procurava l’appartamento a quello che gli ha consentito di viaggiare in molte parti del mondo e su questo sono in corso le indagini”, come ha avuto modo di dire lo stesso procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dopo l’arresto. E a quello che gli ha consentito di potersi curare con un nome e una carta di identità fittizi. A Campobello ha vissuto protetto in un circuito in cui era sicuro. Da parte della famiglia Bonafede che era stata lasciata fuori dalla conduzione criminale perché aveva il compito di tutelare la latitanza di Messina Denaro.

 Un boss ‘moderno’, Messina Denaro. Non si è mai sposato, amava i bei vestiti, la bella vita, amava le donne, adorava circondarsi di oggetti, amava leggere. Ma non rispettava il Codice d’onore. Era l’evoluzione di Riina e Provenzano. Aveva voglia una voglia di affermarsi diversa, non solo la voglia dle potere mafioso ma il riconsocimento personale. Un salto in avanti. Leggeva e anche tanto. Sono stati diversi i libri, soprattutto di biografie, trovate nel covo.

La ricerca di Matteo Messina Denaro ha avuto una svolta il 6 dicembre 2022, quando alcuni carabinieri del Ros fecero un ritrovamento quasi fortuito. Da tempo gli investigatori monitoravano uno dei pochi parenti stretti del boss ancora in libertà, Rosalia Messina Denaro, detta Rosetta, la più grande delle quattro sorelle. In alcune stanze della sua casa erano state installate delle microspie, ma non bastavano. ”Avevamo visto che lei, quando era in compagnia di altre persone, si spostava in altri locali – diversi da quelli monitorati – per parlare”, hanno spogato i Ros. Il 6 dicembre, quindi, i militari sono entrati in casa, alla ricerca di un posto in cui nascondere la ”cimice” in una delle stanza non sotto controllo. Pensavano di metterla nelle gambe cave di una sedia, ma all’interno trovarono un foglio scritto a mano che riportava informazioni sanitarie e date, con la progressione della malattia e le cure di una persona. Da qui si è arrivati al 16 gennaio del 2023. Quando è stata scritta la parola fine sulla latitanza. Poco dopo le due della notte il decesso. Matteo Messina Denaro è morto.

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