Salute

Il saluto del nipote Giuseppe al novantaseienne nonno Totò Spoto che è volato in cielo

Carmelo Barba

Il saluto del nipote Giuseppe al novantaseienne nonno Totò Spoto che è volato in cielo

Ven, 10/06/2022 - 13:05

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“Ciao nonno, ti ricordi quando mi raccontavi le favole che inventavi mentre io stavo disteso sulle tue gambe? Quelle storie sono state tra i primi ricordi della mia vita. Immagino di averci messo non più di tre secondi per innamorarmi della tua straordinaria fantasia. C’erano volpi, galline, mucche e cavalli che parlavano, correvano e giocavano a farsi la guerra a Polizzello, e c’eravamo noi due. Già lì eri riuscito a disegnare un mondo bellissimo per me. Il fatto è che ormai che me lo avevi raccontato, non potevi lasciarmi deluso: dovevi farmelo vivere. Allora mi portavi in giro alle feste di paese e alle fiere, mi compravi i camion giocattolo, e poi sul camion vero ci andavamo magari il giorno dopo, d’estate, quando c’era la trebbia e dovevamo andare a raccogliere il frumento. Immagino ora il tuo entusiasmo mentre guardavi me, Salvatore e Totò correre su e giù per i campi o quando i cumuli immensi di grano erano un mare giallo infinito e io mi ci tuffavo dentro e poi stremato mi distendevo a pancia in su a guardare il cielo azzurro e respiravo l’odore del grano e mi perdevo dentro la felicità dell’infanzia a cui ancora però non sapevo dare un nome. È bastato crescere un altro po’ per capire che niente restava uguale quando passavi tu, eri una presenza magnetica e lo vedevo nel modo in cui gli altri ti guardavano che poi era anche il mio. Eri ancora un ragazzo e hai dovuto pensare ai tuoi fratelli, e lo hai fatto con una generosità e con una integrità morale che sono state tra le tue qualità più evidenti anche a chi ti aveva conosciuto da cinque minuti. Non hai smesso un attimo di progettare il futuro per dominare gli eventi e anche il caso, perché il passato era stato quello di una famiglia umile di contadini che aveva vissuto nella povertà. È stato grazie al tuo ingegno e alla tua intelligenza se i tuoi genitori, i tuoi fratelli, i tuoi figli e i tuoi nipoti hanno potuto avere un’alternativa. Una volta passammo un giorno intero insieme per le vie di Mussomeli e tu mi portasti a vedere le case in cui eri nato e cresciuto, e poi mi raccontasti di quella signora che abitava di fronte casa tua in una viuzza del centro storico e che una mattina presto, vedendoti seduto sul marciapiede, ti invitò su a fare colazione con i figli di lei, e questo ancora ti commuoveva. Eri un narratore formidabile e quando ti ascoltavo tornavo ancora ad avere sei anni e a essere disteso sulle tue gambe sul divano di casa. Sei stato la storia vivente di un posto magico come Polizzello, hai conosciuto tutti e tutti in te hanno trovato una buona parola, un’accoglienza calorosa e un pasto a tavola. Hai avuto sempre una mente aperta, ed era bellissimo confrontarsi con te anche quando non eravamo d’accordo, era incredibile il modo che avevi di guardarmi e di ascoltarmi. Era bellissimo quando d‘inverno mi venivi a trovare la domenica presto e mi facevi copiare a macchina e poi a computer i pezzi che scrivevi per Progetto Vallone. Era bellissimo quando ti acchiappavo la pelata e te la baciavo come Blanc e Barthez ai mondiali di Francia ’98. Era bellissimo poi abbracciarti e tenerti la mano in silenzio la domenica prima di pranzo. Era bellissimo rimboccarti le coperte per le tue pennichelle. Era bellissimo litigare per chi doveva guidare nei viaggi che facevamo noi due a Palermo e a Caltanissetta. Era bellissimo arrivare al solito compromesso “uno all’andata e l’altro al ritorno”. Era bellissimo e sempre struggente salutarsi prima di partire, quando mi accompagnavi alla porta e mi guardavi scendere le scale e io ti guardavo fino all’ultimo e poi insieme ci mandavamo un bacio con le mani in quel modo lì che avevamo noi due. Era bellissimo rimanere soli con te a casa mia la sera di capodanno, a giocare a carte dopo che tutti erano andati via. Era bellissimo vederti prendere il miele giallo dalle arnie in mezzo alle api. È stato bellissimo l’anno scorso leggerti un libro sulla riforma agraria di Polizzello: tu mi dicevi cosa era attendibile e cosa no mentre io segnavo tutto a matita. Era bellissimo ridere insieme, quanto abbiamo riso Era bellissimo prendersi in giro insieme, scambiarci le scarpe sul terrazzo di Polizzello, quando tu mettevi le mie scarpe di ginnastica gialle e io i tuoi mocassini neri e allora stavamo così a ridere di noi e a goderci il miracolo di sperimentare un sentimento così puro, immenso e radicale. Mi hai trasmesso un altissimo senso di giustizia e onestà e mi hai insegnato a combattere e a ribellarmi quando le cose intorno a me non andavano bene, a non accettare le ingiustizie, ad alzare la testa, a prendere sempre una posizione. Mi hai insegnato ad amare la vita, a non lamentarmi mai, a guardare sempre il lato positivo delle cose, ad avere la forza di rimettermi in piedi. Mi hai insegnato il coraggio quando con la nonna correste in ospedale da me e ci abbracciammo a lungo e poi guardammo la corsa di Formula 1. Mi hai insegnato a divertirmi, a cercarlo sempre il divertimento , che ogni momento è buono per fare festa. Mi hai insegnato a non lasciare nessuno indietro. Il tuo esempio di generosità gratuita mi ha plasmato sostanzialmente, e lo rivedo paro paro nella nonna Concetta e nella mamma. Credo che sia stato tutto questo che ti ha mantenuto giovane fino alla fine, che non ti ha fatto invecchiare, e mi viene da ridere ancora un sacco se penso che dieci anni fa, come adesso, a giugno, a 86 anni ti presentasti a casa mia con un cappello, una divisa da ciclista e una bicicletta da corsa perché stavi per andare a fare un’altra pedalata ecologica. Un’altra incredibile storia da raccontare. Sei stato il più bello spot alla vita che chiunque abbia mai potuto concepire. Sei stato un inno vivente alla giovinezza, che è non è un dato biologico, come ci dicevi, ma lo stato dell’anima in cui hai vissuto sempre. Hai rivoluzionato anche le leggi della natura. Quanto sono stato orgoglioso di te, nonno Totò. Mi porto tutto dentro, te lo giuro. Grazie per ogni cosa che mi hai dato, grazie per ogni istante vissuto insieme. Ho il cuore che scoppia di tutta la felicità che abbiamo condiviso, ma sono sicuro che lo sai già. Tuo amatissimo, per sempre, Giuseppe”. Le esequie del novantaseienne Salvatore Spoto sono state celebrate ieri nella chiesa di San Francesco.

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