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Sicilia: ex Pm Ingroia condannato per peculato

Redazione 2

Sicilia: ex Pm Ingroia condannato per peculato

Mer, 11/11/2020 - 19:16

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Con l’accusa di peculato il gup di Palermo ha condannato l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia a un anno e dieci  mesi di carcere, pena sospesa.

L’ex magistrato e oggi avvocato è stato invece assolto da uno dei due capi di imputazione. La Procura aveva chiesto la condanna a 4 anni di reclusione. La vicenda nasce da una segnalazione della Corte dei conti che fa riferimento al periodo in cui Ingroia era a capo della società Sicilia e-Servizi.

Secondo il pm Piero Padova, che ne aveva chiesto la condanna a 4 anni, Ingroia si sarebbe appropriato di indennita’ non dovute quando era liquidatore della societa’ partecipata regionale Sicilia e servizi.

All’ex pm si contestava la percezione di rimborsi indebiti e di una indebita indennita’ di risultato.

Per la prima accusa l’imputato e’ stato condannato a un anno e 10 mesi, per la seconda e’ stato assolto “per non aver commesso il fatto” con la formula dubitativa.

Ingroia fu nominato liquidatore di Sicilia e servizi, societa’ in-house della Regione a capitale interamente pubblico. Per tre mesi, nel 2013, ricopri’ l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la societa’ ottenne utili per circa 150mila euro.

Secondo i pm, bypassando l’assemblea dei soci, l’ex magistrato si sarebbe liquidato in conflitto di interessi un’indennita’ di risultato di 117 mila euro. Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, l’accusa ha puntato il dito contro l’ammontare dell’indennita’.

La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. Stipendio fissato per Ingroia in 50 mila euro, ma che per il 2013, avendo l’ex magistrato lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore.

Peraltro la somma intascata dall’ex manager – non confermato nell’incarico – avrebbe ridotto l’utile della societa’ informatica della Regione a poco piu’ di 33 mila euro.

Nei conti di Ingroia, insomma, sarebbe finito poco meno dell’80% degli utili della societa’. Diversa la valutazione del gup secondo il quale il “fatto non costituisce reato”, formula assolutoria che esclude la sussistenza del dolo.

Sotto inchiesta, anche rimborsi per spese di viaggio.

Dovuti solo per i trasporti, diceva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso aveva firmato. In 20 mesi di viaggi tra Roma, citta’ in cui viveva dopo aver lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della societa’, solo di alberghi e ristoranti avrebbe speso 37 mila euro, tutti pagati dalla Regione.

Indebitamente, ha sostenuto la Procura e, vista la condanna, anche il gup.