Salute

Chi consolerà quelli che sono afflitti ? (i misericordiosi)

Redazione

Chi consolerà quelli che sono afflitti ? (i misericordiosi)

Gio, 17/03/2016 - 00:00

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Padre Callari(A cura di don Salvatore Callari)  – Mi accingo a commentare brevemente  la quarta opera di misericordia spirituale e mi vengono in mente   le beatitudini del discorso della montagna. Scorgo un diretto collegamento tra due di esse e l’opera di misericordia in oggetto. Dice Gesù :” beati quelli che sono nel pianto”, altri traducono  “quelli che sono  nella tristezza”. E’ come volere indicare una diversa gradazione di dolore. E poi ancora Gesù:  “Beati i misericordiosi  perché otterranno misericordia”, alcuni traducono : “beati quelli che hanno compassione degli altri perché Dio  avrà compassione di loro”. Esercitare l’opera di misericordia “ consolare gli afflitti” significa  immettersi a pieno titolo nella dimensione della beatitudine. Potremmo dire “doppia beatitudine” o, se vogliamo, “beatitudine bilaterale”: sono beati quelli che sono afflitti e sono beati quelli che consolano gli afflitti. Un incontro che reca beneficio ad entrambe le parti.  E c’è un’altra espressione di Gesù, che il Papa ci sta ripetendo in tutti i toni,  “siate misericordiosi come è misericordioso il Padre che è nei cieli”.  Tutta la Bibbia, del Vecchio e Nuovo Testamento è piena delle “prove” della misericordia divina e di espressioni che inneggiano e proclamano l’agire misericordioso di Dio. “ Giubilate o cieli, esulta la terra, Jahvé  ha consolato il suo popolo… una felicità senza fine “; pianto e afflizione sono fuggiti; Io sono il tuo Consolatore”. E quando il popolo è nella sofferenza dell’esilio, il profeta fa sentire la voce del Signore:  “cambierò il lutto in gioia, li consolerò… “ Ma nello stesso tempo non manca l’invito o la esortazione a imitare quello che fa il Signore; ed ecco ancora il profeta : “ Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio”. Ci è facile pensare che Gesù, per primo, ha inteso accogliere la voce del Padre quando annuncia : “ per questo sono stato mandato, per evangelizzare i poveri, per coloro che soffrono e hanno il cuore spezzato, per consolare gli afflitti, gli angosciati” per le proprie disgrazie materiali  o morali.  Per tutti coloro che attendono la fine delle loro pene, che sperano di essere consolati, fino a quando “ Dio asciugherà le lacrime dei loro occhi… dove non ci sarà più pianto, né pene, perché le cose di prima sono passate”.  Col poco che abbiamo detto ci possiamo sentire spronati, incoraggiati, sensibilizzati, e forse, possiamo aggiungere, resi responsabili di un dovere cristiano di altissimo valore, cioè : “ consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione”.  Una esperienza assidua, una constatazione chiara  e tangibile ci mette a contatto con la sofferenza, sia personale che degli altri. Noi avvertiamo il bisogno di una parola affettuosa, per sentirci “consolati” ed è anche ovvio e comprensibile che “ gli altri” troverebbero sollievo  in un gesto di carità fraterna, con una visita, con parole di conforto, con il calore dell’amicizia che può comunicarsi anche con  un partecipe silenzio. Non si tratta di “volere spiegare “ le ragioni dell’afflizione e non è il caso di andare a “sovrapporre” agli altri il peso delle proprie sofferenze con narrazioni inopportune, ma ricordare che “ viviamo in una valle di lacrime” in cui è difficile trovare risposta ai nostri angoscianti “perché” , se non nel mondo nuovo, dove, dice il Signore : “cambierò il lutto in gioia, li consolerò li renderò felici senza afflizioni”. ( Geremia )

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