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Ci lascia Modestino Pagano, “compagno di base” che credeva in una democrazia patrimonio di tutti

Michele Spena

Ci lascia Modestino Pagano, “compagno di base” che credeva in una democrazia patrimonio di tutti

Mar, 09/09/2014 - 23:02

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imageCALTANISSETTA – Non c’è una foto su Internet di Modestino Pagano, che se n’è andato a poco più di sessant’anni dopo una vita da protagonista della politica. Non un protagonista di quelli che fanno carriera, che vengono nominati nelle istituzioni, che diventano “qualcuno” grazie alla politica. No. Protagonista perché ha fatto parte di quella generazione che ha creduto sempre che “la Storia siamo noi”, e che possiamo cambiarla, la Storia, se facciamo la nostra parte, se prendiamo posizione, se abbiamo il coraggio delle nostre responsabilità, ogni giorno, a scuola, al lavoro, se disprezziamo le furbizie, gli opportunismi, le subalternità “utili”.

I ragazzi del ’68 e dintorni se lo ricordano certamente ancora oggi, dal Liceo Classico “R. Settimo”, in cui aveva studiato, da pendolare, con sacrificio, animando il movimento studentesco da posizioni di sinistra estrema, “extraparlamentare” come si diceva allora, o “maoista” come banalizzavano i benpensanti.

Alla testa di tanti cortei, di studenti e di lavoratori, “lotta dura senza paura”  ma sempre senza violenza, senza arroganza, anche con ironia, con il gusto della provocazione e della sfida. Come quando propose in un’assemblea del Liceo (allora erano “illegali” o al più “tollerate” dal sistema-scuola, e pure affollatissime e appassionate) di introdurre nei programmi l’educazione sessuale, aggiungendo, di fronte al pallore dei professori allarmati, “solo teorica, naturalmente!”.

Con gli anni della maturità aveva scelto il campo grande del Partito Comunista, l’impegno nel Sindacato, vivendo il suo impegno nel suo contesto di lavoro, la Sanità. “Compagno di base”,  dirigente territoriale, animatore del dibattito nelle Sezioni: quei luoghi poveri, allora pieni del fumo di tante sigarette, in cui generazioni di ragazzi si sono formati come cittadini imparando sul campo che la politica non serve a farsi i fatti propri, ma ad occuparsi dei fatti degli altri, che è la responsabilità di fare qualcosa per chi non ce la fa, e senza la politica non ce la può fare nemmeno a sopravvivere dignitosamente.

Sempre vivo quel suo gusto del “ragionare”,  insieme, dell’analisi dei fatti della politica, con la convinzione ferma che “tutto è politica”, quando si vive in una società, e con la passione di chi fa dell’agire politico, con i lavoratori, nei quartieri, con le persone, la realizzazione della propria umanità.

Manca, oggi, questa passione condivisa, questa generosità a darsi, per gli altri, senza pensare prima per sé.

Al di là di tutto quello che è avvenuto dopo, l’eredità politica del ’68, la passione civile che era anche, automaticamente, impegno morale, sta nelle vite di tanti “compagni di base” come Modestino,che hanno creduto che la democrazia fosse patrimonio di tutti; e fosse “incontentabile”, non “strumentale”.

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