CALTANISSETTA – Non solo a Caltanissetta ci si interroga sulla pedonalizzazione del centro storico ma anche in altre città d’Italia. A Roma in questi giorni sta divampando la discussione sulla scelta operata dal sindaco Marino sulla chiusura di un’ampia zona del centro storico e l’istituzione di ulteriori stalli a pagamento. Marino, gongolante, ritiene che sia bellissimo vedere la gente muoversi a piedi e bambini liberi di correre. A chi lo critica poi per le esose spese di parcamento risponde che possono fare l’abbonamento al carsharing. Non addentriamoci nei meandri dei costi dell’abbonamento ma certamente ammettiamo che comunque per vivere la città bisogna pagare. E non basta quanto già paghiamo e pagheremo come imposte locali: essere cittadini è un conto, essere consumatori degli spazi pubblici è un’altro. La logica della mercificazione degli spazi pubblici è evidente e si palesa attraveso l’inasprimento dei balzelli sul pagamento per pedaggi nelle zone A e nelle aree di parcamento. Questa logica accettabile (forse) nelle città ad elevata valenza artistica trova forti limitazioni nei restanti centri italiani. L’errore sta a monte, nelle mezze o pessime scelte operate sia a livello nazionale che locale. In Italia non esiste una mobilità alternativa a quella privata e per sostenerla abbiamo impegnato ingenti risorse nella costruzione di tangenziali, raccordi e strade di penetrazioni. Risultato: nessuna propensione per la mobilità alternativa, ancor meno per quella podistica. Precedenti scelte e modelli infelici che si sono stratificati hanno portato nel tempo ad una gestione dell’IO AUTOMOBILISTA più che che dell’IO FRUITORE dello spazio pubblico. Chiaramente non mancano modelli virtuosi assecondati più da coraggiose azioni locali che dapolitiche nazionali o regionali.
In questo contesto si inserisce pure la questione Nissena: centro storico chiuso o no alle automobili?Le risposte sono equivalenti in un senso e nell’altro e trovano una sponda possibilista in quella frangia di persone che poco o nulla hanno a che fare con la realtà del centro storico, ormai periferia del sistema commerciale ed abitativo. Pensare poi di trasformare in pedonale una parte di questo territorio disarticolando il modello consolidato senza intervenire con correttivi a salvaguardia del modello di scelta verso cui indirizzare le azioni future della collettività serve a poco o a nulla. La nostra “croce” vera, croce nissena, è ben delineata: Corso Umberto I e Corso Vittorio Emanuele. Su questa divisione della città e su possibili alternative poco o nulla si è fatto, tranne, ricordo, le parole spese sulla realizzazione di una possibile circonvallazione tra la via Xiboli e Viale Regina Margherita. Su questa croce esistente si sono consumate gioie e dolori dei nisseni che l’hanno vissuta pienamente a piedi ed in macchina finchè gliene è stata data la possibilità. Nessuno si poneva il problema della pedonalizzazione perchè tutti si era immersi nel modello del consumismo crescente secondo il quale le bellezze artistiche ed ambientali del centro storico facevano spesso posto alle vivissime attività economiche (ricordo le obbrobriose vetrine in ferro dei negozi sporgenti persino sul marciapiede che al tempo consideravo normalissime). L’una e l’altra componente, che rendevano vivo il centro storico, oggi vivono nel desolante ricordo del tempo che fu e non accettano l’impietosa realtà del mutato tempo e modello del vivere il centro storico aggravato altresì dall’attuale crisi economica.
La chiusura di un braccio della viabilità tout court in centro storico, mostra impietosamente i limitie le contraddizioni di una società ancora alla ricerca della sua identità. Prima della viabilià bisogna scegliere ed accettare un modello di vivibilità del centro storico ed in senso più ampio della intera città. Questa condizione non può non passare attraverso linee programmatiche chiare e forti su cui impegnare le risorse per una città che deve affrontare il suo cambiamento. Diceva Jean Gottmann: “città e territorio sono concetti in evoluzione” , pertanto ritengo: o si hanno chiari il percorso e le azioni da mettere in campo o si fa solo demagogia.
Gaetano Melillo

