CALTANISSETTA – Scongiurata a Gela una faida di mafia per la conquista della leadership del clan Rinzivillo. La Squadra mobile di Caltanissetta, diretta da Marzia Giustolisi, ha arrestato nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Dda nissena, tre presunti affiliati a Cosa nostra, uno dei quali e’ un ex collaboratore di giustizia, rientrato a Gela lo scorso maggio. I tre rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni e traffico di droga. L’ex pentito, un tempo reggente della famiglia Rinzivillo, una volta rientrato a Gela, avrebbe preteso, con l’aiuto di un altro affiliato alla cosca, di riprendere le redini del clan e di essere nominato nuovamente ai vertici, posto nel frattempo occupato dal nipote.
L’operazione denominata “Fabula” ha nei fatti decapitato i vertici del clan Rinzivillo. Le manette sono scattate per l’ex reggente Roberto Di Stefano, 46 anni ex collaboratore di giustizia, per il nuovo reggente della stessa organizzazione criminale Davide Pardo, 33 anni, nipote di Di Stefano, e per Nicolo’ Piero Cassara’, 47 anni. I tre, tutti di Gela, destinatari degli ordini di custodia cautelare emessi dal gip Lirio Conti, rispondono a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni, detenzione di armi e traffico di sostanze stupefacenti. Roberto Di Stefano nel 2012 assunse la carica di reggente, avvalendosi di una squadra ben affiata. Fra loro c’era anche il nipote, braccio destro dello zio. Nel giugno del 2013, Di Stefano decise di iniziare a collaborare con la giustizia per poi fare dietrofront. Lo scorso 12 maggio abbandono’ il sistema di protezione per far ritorno a Gela. Al suo fianco, un fedelissimo, Nicolo’ Piero Cassara’, dedito alle estorsioni ai danni di imprenditori gelesi. La presunta organizzazione criminale, disponeva anche di armi e munizioni che usavano per intimidire coloro che non si piegavano al pizzo. Fra le pieghe dell’inchiesta, emergono anche altri particolari a riprova del clima di violenza che non risparmiava nessuno. Di Stefano, rivolgendosi alla moglie, le avrebbe detto “vi scanno come agnelli”, nel caso in cui, insieme alle figlie, non avesse lasciato l’abitazione dove la donna viveva, rivendicando la titolarita’ dell’immobile. All’indomani da quella minaccia, vennero esplosi tre colpi di pistola all’indirizzo dell’abitazione di Cassara’, dove l’ex collaboratore di giustizia si era rifugiato. Nel corso di alcune perquisizioni, effettuate dalla polizia anche nelle abitazioni di altri affiliati al clan, sono state rinvenute, sul tetto di un condominio in viale Cortemaggiore, a Macchitella, numerose armi e munizioni: la prova per gli inquirenti che il clan era pronto a entrare in azione.

