Salute

Su Repubblica.it:”Quel tumore è per l’abuso di cellulare” La Cassazione riconosce legame e danno

Redazione

Su Repubblica.it:”Quel tumore è per l’abuso di cellulare” La Cassazione riconosce legame e danno

Gio, 18/10/2012 - 14:37

Condividi su:

Sentenza senza precedenti sul caso di un manager che per lavoro era costretto a colloqui telefonici per complessive 5-6 ore al giorno. Una volta diagnosticata la malattia, ha fatto causa per l’invalidità professionale. Contro il diniego dell’Inail, la Suprema corte gli ha dato ragionedi RICCARDO STAGLIANO’ Ora c’è una sentenza definitiva. La Corte di cassazione, per la prima volta in Italia – e a sentire gli esperti, al mondo – ha stabilito un legame di concausalità tra un forte uso del cellulare e un tumore. La storia è quella di Innocente Marcolini, di cui Repubblica.it si era già occupata in un’inchiesta 1. Manager cinquantenne, responsabile commerciale di una multinazionale, per lavoro stava al telefono (cordless o cellulare) una media di 5-6 ore al giorno, per dodici anni. Una mattina mentre si fa la barba si accorge di uno strano formicolio.

Le analisi diranno che è un tumore al nervo trigemino. Operazione riuscita, ma il dolore non lo abbandonerà più. Non può più lavorare. Chiede una pensione di invalidità professionale. L’Inail la nega. Marcolini fa ricorso e il tribunale di appello di Brescia gli dà ragione. È il 22 dicembre 2009. Stavolta è l’Inail a opporsi in Cassazione. Ma il 12 ottobre la corte suprema deposita la sentenza in cui conferma: i giudici di secondo grado hanno citato la letteratura scientifica giusta e hanno fatto bene a riconoscere che una causa dell’invalidità del manager sia proprio l’utilizzo del telefono.

Marcolini, un cinquantenne tosto, non avrebbe mai voluto diventare testimonial di questa battaglia. “Provo soddisfazione per la decisione perché dimostra la nostra tesi sulla dannosità di questa onde elettromagnetiche. Riconosce che le perizie erano affidabili. E prova, almeno per quanto mi riguarda, che con i suoi tempi la giustizia italiana funziona”.

Il professor Angelo Levis, ex-ordinario di mutagenesi ambientale a Padova, è uno di quelli che gli è stato più vicino nella sua lotta. “È una sentenza importantissima, che fa giustizia di un certo negazionismo nella comunità scientifica e che apre le porte a un nuovo corso giudiziario”. Solo lui, in collaborazione con uno studio torinese specializzato in diritto della salute, sta seguendo sette cause di persone che ritengono di aver sviluppato tumori alla testa in conseguenza di un uso forte del cellulare. “Stiamo lavorando all’ipotesi di costruire una class action, un’azione collettiva cui può partecipare chi ritiene di aver subito un danno”. Marcolini ne sarebbe il primo firmatario.

Nei mesi scorsi anche il Codacons aveva cominciato a lavorare su quest’ipotesi. E cresce la consapevolezza in vari parlamentari, come il senatore Felice Casson, che rispetto ad altri paesi europei l’Italia non ha preso troppo sul serio né l’invito alla cautela del Consiglio d’Europa né l’inclusione da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari tra i possibili cancerogeni.

Ma l’inattività più sorprendente riguarda un parere del Consiglio superiore di sanità, l’organismo che raggruppa le principali personalità mediche del Paese, che risale al 15 novembre 2011. In quelle sette pagine, sollecitate dal ministero della salute del governo precedente, l’organismo scientifico invitava il ministero a promuovere l’uso degli auricolari per tutti. E per i bambini raccomandava di limitare l’uso alle situazioni di necessità, oltre che a fare campagne di sensibilizzazione contro l’uso indiscriminato del telefonino. Ma Renato Balduzzi, per il momento, non ha raccolto il consiglio.

Nei giorni scorsi, intanto, la Gazzetta del Mezzogiorno 2 ha dato notizia di un avvocato di Potenza con un tumore al cervello i cui medici non avevano escluso un rapporto con l’uso molto intenso che faceva del cellulare. A quel punto il professionista scrive direttamente al Ministero, per sapere se l’ipotesi potesse avere un fondamento. La prima volta non riceve risposta. Lui insiste e ottiene una lettera che non lo tranquillizza affatto. Un passaggio recita: “Il tema di possibili rischi per la salute conseguenti all’utilizzo del telefono cellulare è alla costante attenzione anche a seguito della classificazione stabilita dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di agente possibilmente cancerogeno per l’uomo” e ancora “attraverso studi epidemiologici la stessa Agenzia ha evidenziato limitata cancerogenicità tra gli utilizzatori del telefonino in relazione al tumore maligno del cervello e del nervo acustico, mentre l’evidenza è stata giudicata inadeguata per altri tipi di cancro o esposizione”.

Con la Gazzetta l’uomo, che preferisce restare anonimo, commenta: “Ci dicono che il telefonino è cancerogeno seppur a cangerogenità limitata. Qualcosa, insomma, c’è. D’altra parte in molti libretti di istruzione dei cellulari viene consigliato di tenere l’apparecchio a qualche centimetro di distanza dall’orecchio. Se le ditte costruttrici scrivono questo, forse sarebbe opportuno dare un’informazione più completa e più chiara. Ne va della salute dei cittadini”.

La lettera del ministero si chiude con un invito di una campagna di informazione per “promuovere un utilizzo responsabile del telefono, soprattutto in relazione all’uso da parte dei bambini”. Ovvero la stessa richiesta del Consiglio superiore di sanità che giace inascoltata sul tavolo del ministro da mesi. In Italia la penetrazione dei cellulari è del 150 per cento, uno e mezzo a testa, tra le più alte al mondo. Se c’è un problema riguarda letteralmente tutti.  Marcolini si chiede: “Cosa aspettano per fare qualcosa? Se all’epoca qualcuno mi avesse avvisato dei rischi che correvo, probabilmente adesso non avrei dovuto passare tutto questo”.
di Riccardo Stagliano (Repupplica.it)

Pubblicità Elettorale