ROMA – E’ quello che i suoi collaboratori chiamano una “discorso di verita'”, un brusco, quasi brutale ragionamento su quello che e’ stato fatto e quello – tanto – che c’e’ ancora da fare. Giorgio Napolitano vuole che il paese guardi in faccia alla realta’. Quindi non c’e’ da nascondersi dietro a un dito: anche se e’ giunto il momento che l’Europa riconosca l’impegno dell’Italia per salvare non solo se stessa, ma tutta la zona dell’Euro, la strada e’ ancora lunga, le difficolta’ non possono essere eluse. Venti minuti di messaggio di fine anno, il penultimo del suo settennato, e per la prima volta un riferimento diretto, anche se non esplicito, al suo passato di militante del partito comunista. E non si puo’ non notare che Napolitano rievoca il suo passato proprio nel momento in cui chiede ai sindacati una particolare disponibilita’ al sacrificio. Come dire: sono uno che viene dalla sinistra, e ve lo dico io che come nel ’77 occorre sapersi sacrificare. La situazione, infatti, “resta grave”, anche se gli italiani hanno gia’ iniziato a trasmettere “nuovi e piu’ forti motivi di fiducia nel futuro dell’Italia”. Questa “fa tutt’uno con fiducia in noi stessi, per quel che possiamo sprigionare e far valere dinanzi alle avversita’ : spirito di sacrificio e slancio innovativo, capacita’ di mettere a frutto le risorse e le riserve di un’economia avanzata, solida e vitale nonostante squilibri e punti deboli, di un capitale umano ricco di qualita’ e sottoutilizzato, di un’eredita’ culturale e di una creativita’ universalmente riconosciute”.