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Carlo Sorbetto: imparare e partecipare alla costruzione dei saperi

Redazione

Carlo Sorbetto: imparare e partecipare alla costruzione dei saperi

Lun, 15/05/2017 - 16:32

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CALTANISSETTA – RICEVIAMO  E PUBBLICHIAMO. I rapporti con il territorio sono presenti nella storia della Scuola da quando essa è nata: se una volta “fatta l’Italia” si dovevano “fare gli Italiani”, alla Scuola era stato dato questo compito e, quindi, agli Enti territoriali era stato dato il compito di collaborare a detto scopo. Raramente la Scuola è vista come una risorsa della e dalla comunità e raramente la Scuola vede il territorio nel quale è inserita come una comunità a cui appartiene e alla cui crescita deve contribuire. Le relazioni fra la Scuola ed il suo territorio vengono generalmente giudicate insufficienti, povere, come lo sono molte volte le relazioni fra la Scuola e le famiglie. La Scuola deve dunque fare di più per aprirsi al territorio, promuovendosi come un interlocutore attivo nella comunità di appartenenza. Ciò significa aprirsi allo scambio, far entrare il territorio nella Scuola e fare in modo che il territorio consideri la Scuola un proprio patrimonio da preservare, difendere, far crescere. Il problema è come fare ciò in un momento in cui le risorse sono sempre più scarse, la Scuola pubblica è “attaccata” e talvolta il personale è rassegnato. Tocca alla Scuola farsi promotrice di un nuovo rapporto di reciprocità con il territorio, senza che questo però ne faccia specifica richiesta e ricerchi la sua collaborazione. Per costruire tale rapporto non è sufficiente che la Scuola si “apra” e resti in attesa degli sviluppi. Deve “entrare nel territorio” e cercare attivamente un rapporto con i diversi attori locali: le famiglie, gli Enti locali, il mondo del terzo settore, quello produttivo, ecc. e questo rappresenta una novità assoluta per la Scuola, orientata più ad essere cercata che a cercare! Per generazioni di bambini, la scuola è stata il luogo nel quale poter accedere a dei saperi (accademici) riconosciuti e validati: i saperi erano trasmessi da un maestro (che li possedeva) a dei discenti (che non li possedevano) che dovevano acquisirli. Essi ricevevano un diploma che certificava che quei saperi erano stati correttamente acquisiti. Questa trasmissione verticale, circoscritta nel tempo, è ora fortemente modificata dalla molteplicità delle fonti di conoscenza oggi disponibili e dal concetto e dalla necessità della formazione permanente. Il sapere non può essere considerato come un capitale ben definito, un “bagaglio” da acquisire una volta per tutte in gioventù. È un flusso continuo, evolutivo, non limitato a un solo luogo e che si estende per tutta la vita. Insegnanti e discenti si trovano sottoposti alla stessa logica di evoluzione dei saperi sotto l’influsso della ricerca; devono aprirsi al mondo e confrontarsi con esso. Si tratta quindi non tanto di riempire le teste di saperi già costituiti quanto di consentire a ciascuno di imparare e di partecipare alla costruzione di saperi, e ciò nell’arco di tutta la vita. Chiaramente, la scuola continuerà ad occupare un posto strutturalmente rilevante in questo processo, ma è altrettanto importante accettare questo cambiamento anziché adottare una logica di difesa (cieca). La scuola è un luogo molto speciale, una specie di laboratorio del mondo nel mondo. Il mondo in cui viviamo è un mondo globale. Questa non è una novità, ma gli effetti reali cominciano a farsi sentire in tutte le sfere della vita e la gente ne prende sempre più coscienza. “Pensare globale e agire locale”, è questo l’atteggiamento che sta lentamente entrando nella vita quotidiana delle persone anche se la maggioranza passa ancora quasi tutta la vita nel contesto locale, poiché la mobilità riguarda solo una piccola parte della popolazione. Tuttavia il nostro ambiente è decisamente globale e condiziona il nostro modo di vivere locale.

Carlo Sorbetto

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