Il recente caso dell’elevato costo dell’acqua rifornita a Licata con la nave cisterna della Marina Militare ha aggiunto un nuovo tema da affrontare al già grave problema della siccità. Se è vero che, in caso di emergenze, non si bada a costi pur di risolvere il problema emergenziale, 43 euro a metro cubo di acqua sono stati ritenuto un po’ troppo eccessivi anche per Salvo Cocina capo della Protezione civile siciliana e coordinatore della cabina di regia per l’emergenza idrica.
Ed è questo il nocciolo della questione: risolvere il problema dell’acqua in Sicilia determinerà un aumento dei costi per l’approvvigionamento e il trasporto? Analizzando ad esempio il caso dei dissalatori è certo che, essendo tali impianti fortemente energivori, il costo per la potabilizzazione dell’acqua del mare avrà un impatto non di poco conto sull’utente finale, così come lo stesso impatto economico lo avrebbe il prelievo da pozzo troppo profondi. Sorge anche un’altra questione: ogni ente gestore applica una diversa tariffa a causa della diversa tipologia di approvvigionamento facendo si che, chi sarà costretto a rifornirsi dal produttore a maggior costo, girerà sui cittadini tali costi con tariffe differenti in alcuni casi anche tra comuni limitrofi, tutto ciò in barba alla proposta ormai morta e sepolta di creare un’Autorità idrica siciliana che avrebbe potuto avere la competenza in termini di gestione in un ambito unico sull’intero territorio regionale.
E’ questa dunque la partita che si deve giocare nei vertici regionali che si occupano della gestione idrica a medio e lungo termine. La scelta delle fonti da cui prelevare l’acqua diventa fondamentale per il futuro della nostra regione. Scegliere soluzioni con elevati costi di gestione avrà notevoli ripercussioni sulle tariffe. Al contrario operare sulle manutenzioni straordinarie degli acquedotti e degli invasi e se necessario realizzarne di nuovi magari avrà un elevato impatto economico immediato ma certamente determinerà costi di gestione decisamente inferiori nel lungo termine. Anche il riutilizzo in agricoltura delle acque reflue depurate diventa un argomento molto interessante perché senza ulteriori costi di gestione per l’approvvigionamento chiuderebbe il ciclo delle acque e garantirebbe il comparto agricolo dai rischi di altri eventi siccitosi nella nostra regione.
In piena emergenza è evidente che ogni metodo anche costoso può essere giustificato a causa della particolare e grave situazione calamitosa ma attenzione a non applicare le stesse scelte per le operazioni a lungo termine perché potrebbero essere assai dannose in termini economici con la ovvia conseguenza che poi a pagarne le spese saranno come sempre i cittadini.