CALTANISSETTA – Quando l’intervento (per risolvere un problema sopraggiunto) risulta tardivo, con saggezza tutta siciliana (e catanese) si usa dire che “dopo avere rubato a Sant’Agata, hanno messo le catene”. Ed è anche un modo per constatare che l’intervento riparatore risulta tardivo perché vanificato da anni di incuria e/o disinteresse. È il caso del centro storico di Caltanissetta di cui le Amministrazioni che si sono succedute hanno sempre detto – per dimostrare di “essere sul pezzo” – di volersi occupare, ma che nei fatti non hanno mai attuato, né men che mai approntato, un piano di recupero e di rilancio serio.
Che difficilmente può essere rappresentato, prioritariamente, dal ripopolamento edilizio che avrebbe comunque tempi molto lunghi, perché chi ha già scelto negli anni di trasferirsi nelle zone nuove della città, difficilmente ritornerà ad occupare un appartamento che magari non ha più gli stessi spazi (esterni) di quelli al servizio dei nuovi edifici. La notizia che una delle 5 farmacie del centro storico dovrà prima o poi trasferirsi in altra parte della città (zona Balate?) avrebbe dovuto già allarmare l’Amministrazione comunale quando se n’è parlato nelle riunioni con Asp, Ordine dei farmacisti e Federfarma.
Né di questa ipotesi che stava prendendo corpo sapevano nulla i cosiddetti “stakeholder”, cioè le persone (residenti, associazioni, professionisti, commercianti) che invece hanno tutto interesse che il centro storico non… muoia. Qualcuno dirà che è già morto. Ma allora che facciamo? Lasciamo che (e ci scusiamo per la brutalità del linguaggio) il cadavere vada in decomposizione? O piuttosto, se ha ancora un anelito di vita, proviamo a chiamare al suo capezzale professionisti e consulenti di alto profilo (anche locali, perché no) per approntare la terapia più idonea che possa aiutarlo a rinascere, attraverso un processo di rigenerazione verso cui l’Amministrazione Gambino aveva detto di mirare quando lo scorso anno, in pieno Covid, organizzò tavoli tecnici con tutti gli “stakeholder” della città.
Il proposito risultò lodevole, ma dopo oltre un anno cosa è rimasto di quei “tavoli” di lavoro? Così come non si riesce a intravedere quale beneficio, seppur minimo, abbia già dato alla città il progetto del “Parco mondiale per lo stile di vita mediterraneo” presentato a marzo 2020 come carta vincente per il futuro economico della città. E per restare ai piccoli ma importanti segnali positivi che un’Amministrazione può dare, che fine hanno fatto – se n’è parlato recentemente su questo giornale – gli 11 locali di corso Umberto donati al Comune dalla famiglia Profeta?
Oggi non ci si può più appellare alla pandemia che ha rivoluzionato le nostre vite, per giustificare l’immobilismo che sembra ammantare ogni azione che riguarda il destino futuro della città. Oggi è arrivato il momento di uscire dai fumosi progetti e operare concretamente, istituendo una “task force” che metta assieme professionalità e competenze per risollevare le sorti della città.
Sì della città, perché è di tutta la città che si deve parlare, ridefinendone i luoghi di aggregazione, gli spazi comuni, e per ritrovare stimoli per tornare ad amare la città in cui si è nati. E visto che il processo di ripopolazione del centro storico non potrà essere breve (nemmeno con i programmi di rigenerazione urbana in corso nel quartiere Provvidenza perché a beneficiarne, a lavori finiti, potranno essere venti-trenta famiglie), una azione da mettere in campo potrebbe riguardare il ripopolamento commerciale del centro storico, facendo tornare sfavillanti di luci le strade dello shopping e incoraggiando al tempo stesso la nascita di nuovi punti di aggregazioni per i giovani.
Prendendo atto, inoltre, che non basta istituire l’isola pedonale per fare rifiorire il centro storico. Questi spazi sono importantissimi e vanno mantenuti solo se frequentati dai cittadini. Se si pensa invece di mettere delle transenne e poi dimenticarsi di tenerla pulita e arredarla, l’isola pedonale resta un contenitore vuoto, destinato a inesorabile degrado.
Da anni – sin dall’Amministrazione Campisi e dopo che ancor prima era stato… smantellato quel piccolo gioiello rappresentato dalla “strata ‘a foglia” (dove sapori, odori e colori catturavano l’attenzione dei turisti di passaggio e dove molti nisseni continuavano a rifornirsi) – abbiamo proposto un modo in cui il Comune potrebbe essere in centro-motore per “promuovere” la nascita di nuove attività commerciali in centro storico.
Ovvero: individuare e convocare i proprietari di tutti i locali del centro storico da anni sfitti, convincerli a fissare (per almeno tre anni) un prezzo “politico” proporzionato alla superficie degli stessi. A quel punto il Comune dovrebbe soltanto divulgare un “avviso” rivolto agli aspiranti imprenditori facendo conoscere i nuovi prezzi per insediarvi una nuova attività commerciale.
I proprietari otterrebbero il vantaggio di pagare tasse su questi locali avendo nel frattempo un ristoro e, soprattutto, che i loro locali “rinascerebbero” per almeno tre anni, riconquistando appetibilità per il futuro. Rioccupando i locali del centro storico, ciascun titolare avrebbe sicuramente cura dello spazio prospiciente il proprio negozio, e i nisseni (anche quelli che vivono ormai in altre parti della città) potrebbero ritrovare piacere e interesse a frequentare il centro storico, a rimettere in moto l’intera economia cittadina. Una “ricetta” così banale da non meritare attenzione?

