CALTANISSETTA – Ci sono quattro indagati per la morte del nisseno Emanuele Puzzanghera, 40 anni, che secondo una prima ricostruzione, si è impiccato nella cella del carcere di Augusta, utilizzando una cintura posta sotto sequestro. Si tratta dei vertici amministrativi, degli educatori e della Polizia penitenziaria oltre a un agente e cioè Emanuela Maria Musto, 29 anni, nativa di Vittoria e residente a Catania, Angela Lantieri, 62 anni, di Siracusa, Dario Maugeri, 41 anni, di Catania e Antonella Ligreggi, 37 anni, di Catania. Omicidio colposo l’accusa che al momento viene ipotizzata dalla Procura per eventuali condotte omissive nel trattamento dei detenuti.
Il pm Stefano Priolo ha disposto l’apertura di un’indagine per chiarire alcuni aspetti della vicenda tanto che, ieri pomeriggio, il medico legale Giuseppe Ragazzi ha eseguito l’autopsia sul cadavere. I risultati saranno noti nelle prossime settimane. Da parte sua i familiari di Puzzanghera hanno chiesto che venga fatta luce sulla vicenda, visto che, stando ai primi elementi, ci potrebbero essere alcuni punti oscuri anche se non trapelano molti elementi. I familiari del quarantenne nisseno, intanto, hanno dato mandato all’avvocato Ernesto Brivido di seguire la vicenda che al momento li vede come parti offese e, se l’inchiesta dovesse approdare in aula, come future parti civili in un eventuale processo.
In passato Puzzanghera era stato coinvolto in vicende di stupefacenti, ma poi aveva deciso di cambiare indirizzo e aveva anche collaborato con la giustizia rivelando agli inquirenti dettagli sul traffico di droga a Caltanissetta e anche particolari appresi in carcere da alcuni boss mafiosi, i quali volevano organizzare attentati a Rosario Crocetta e al giudice Giovanbattista Tona. Nel 2015 Puzzanghera aveva anche scritto una lettera al nostro giornale; in un passaggio aveva affermato: «Ho rovinato la mia vita frequentando persone sbagliate e sono il primo a giudicarmi un fallito perché è così che si diventa quando si infrange la legge e non ho paura nel manifestare questo pensiero», aggiungendo poi di non accettare il fatto che la moglie avesse subito ritorsioni come l’incendio della sua auto e che alcune persone avessero avvicinato i figli per dire loro che avevano un padre pentito. Parola usata a mo’ di insulto.

