CALTANISSETTA – Aveva un sorriso fantastico. E senso dello humor da vendere. Ironia come seduzione pedagogica: capace di tenere incantata una classe con le sue spiegazioni coinvolgenti, divertenti, imprevedibili. Come quando, in terza media, si mise a cantare “Tripoli bel suol d’amore” per spiegare la guerra di Libia.
La professoressa Concetta Amico, che ci ha lasciato in queste ore, per noi ragazzi della Media “Verga” è stata la “Stella”, non solo di nome, (il cognome del marito, amatissimo e stimato intellettualmente con tutta se stessa), ma proprio come una luce, viva, di intelligenza, di capacità pedagogica, e soprattutto di amore.
Amore per le cose che insegnava, la storia e la geografia per la mia classe: viaggi avventurosi nel tempo e nello spazio, sempre condotti insieme, facendoci diventare protagonisti, lasciandoci la consegna di completare, con le nostre ricerche, quello che sui libri era solo accennato, e di raccontarlo poi in classe, ognuno per tutti.
Quando l’abbiamo incontrata, nella “terribile” II B del 1965, la nuova scuola media “unificata”, dopo la riforma che aveva abolito il ghetto dell’avviamento professionale, era in vigore da appena due anni. Ma lei era pronta, penso da sempre, a sperimentare l’innovazione, a lasciarsi alle spalle un’idea polverosa ed escludente della scuola, ad accogliere tutti nel sapere che da sempre non era stato per tutti, ma solo per quelli che erano destinati a “continuare a studiare”, per un destino o un privilegio familiare.
Lei apparteneva alla generazione che aveva vissuto da giovane la dittatura, e appena laureata aveva sperimentato la democrazia, e dell’idea di libertà che alla democrazia è naturalmente associata, aveva fatto un connotato forte anche della sua professionalità.
Ce la faceva respirare la libertà, ma senza retorica, mettendoci alla prova della responsabilità, con le ricerche, i lavori di gruppo, spesso liberi nei contenuti, ma da fare insieme, e di cui saper rispondere ognuno per la propria parte, rigorosamente, senza sfuggire agli “accertamenti”.
Esigente ed indulgente nello stesso tempo, capace di farti sentire voluta bene così come sei, e di farti crescere, accompagnandoti a scoprire con lo studio frontiere nuove, rimanendo lei sulla soglia, senza prevaricare. Autorevole, per la sua gentilezza affettuosa, senza gridare mai, in qualunque situazione.
E quando ti rimproverava, sfuggiva sempre il lampo di un sorriso nel suo sguardo luminoso dietro gli occhiali.
Mi ha fatto innamorare del suo lavoro, del suo modo di insegnare e di “essere” professoressa. Anche per merito suo sono diventata quella che sono, perché i nostri professori, quando sono così come lei, sono i genitori del nostro pensare, del nostro comprendere la realtà e del nostro viverla, alla luce dell’intelligenza. Anche se le loro vite si intrecciano con le nostre per pochi anni. Ma rimangono per sempre dentro di noi.
Grazie Professoressa, con tutto il cuore, anche per il suo sorriso che mi aiuta ancora, in questo momento, ad accompagnare le lacrime.
Fiorella Falci

