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La famiglia Torregrossa: quando il pallone è di casa

Michele Spena

La famiglia Torregrossa: quando il pallone è di casa

Lun, 10/10/2016 - 10:26

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Torregrossa, sinonimo di calcio a San Cataldo: storia di una dinastia che si perpetua nel segno del gol, da padre, il mitico Lirio, al figlio, il promettente Ernesto, in forza al Crotone in serie B. La provincia nissena fucina di “potentati” sportivi che hanno come minimo comun denominatore il successo frutto di passione e sacrifici in un territorio in cui fare sport è un’impresa; abbiamo raccontato dei Scarantino (Giovanni e il figlio Mirko), adesso è il turno dei Torregrossa.

Lirio, 47 anni, una stagione in serie A nel Torino 85/86 allenato da Luigi Radice e poi il ritorno a San Cataldo per scrivere una delle più belle pagine del calcio dilettantistico siciliano, con la Sancataldese che grazie ai suoi gol volò dalla seconda categoria alla Serie D.  Oggi nel raccontare di suo figli, esordisce: “Per me la cosa più importante è che si comporti bene, che ovunque è stato abbia lasciato un ricordo positivo più per le sue doti umane che per quelle tecniche. Io non sapevo, quando lui era adolescente, se avesse avuto la possibilità di approdare nel calcio che conta. La scorsa stagione con i 13 gol in lega Pro nel Lumezzane, già ero felice per lui. Lui caparbio e testardo, si è migliorato e quest’anno in serie B già ha realizzato 8 reti. Io spero per lui dieci anni di B, che mantenga i piedi per terra: nel calcio i contratti finiscono. Poi, ovviamente, se dovesse ancora progredire nella sua carriera ne saremo felici”.

Lirio, si dibatte nel ruolo di padre, rigoroso, amorevole verso la famiglia e i figli, ma mai accondiscendente e la figura di ex-allenatore e ex calciatore. “Una volta scherzando gli dissi, ma come tuo fratello Raul (il fratello minore gioca a calcio negli allievi) calcia destro e sinistro, e tu ancora no?Lui mi ha risposto, certo quando io eri piccolo tu eri sempre in giro a giocare. Questo dimostra l’equilibrio ed il realismo di mio figlio che praticamente da quando ha 15 anni, vive solo. Allorà si trasferì a Lucca, società che poi fallisce. Si palesa un interessamento della Juve, poi sembra sul punto di volare in America per una tournèe con gli Allievi Nazionali dell’Inter, ma giunge un telefonata dell’Udinese e ci rechiamo in Friuli per parlare con l’allora direttore sportivo dei bianconeri, Pietro Leonardi. Io gli dissi, Ernesto, hanno un settore giovanile fantastico, non badare ai soldi. Fecero un’offerte rilevante per il suo cartellino e gli offrirono un contratto per cinque anni. Ricordo ancora la scena, inizialmente temporeggiamo. Uscimmo dalla stanza, e dopo esserci allontanati dalla sede, sicuri di non essere visti, ci abbracciamo felici come due bambini. Poi il resto è storia recente. Nel 2010 Mauro Gibellini lo porta a Verona. A gennaio passa al Siracusa. Nel 2011/2012 passa al Monza, 4 reti. Nel 2012/2013 il passaggio al Como, sempre in serie C1, ma qui resta fino a gennaio, quando poi passa al Lumezzane, dove dopo un periodo di ambientamento esplode nella stagione successiva: segna 13 gol in campionato e 2 in Coppa Italia”.

Lirio, lottatore di campi in terra battuta, pronto sempre alla battaglia agonistica nella sua carriera, tenta di infondere questo spirito ad Ernesto. “Ricordo che ne primi giorni a Lucca, una mattina mi telefonò dicendomi, che non trovava la scuola. Gli dissi, che faccio salgo in macchina? Ti vengo a prendere io? Ti accompagno. Chiuse il telefono,era il mio modo di spronarlo”. Fioccano gli aneddoti. “Mia moglie, la sua fan più accanita, un giorno mi convinse ad andarlo a vedere. La sera a casa, Karina, mi stuzzicò affinchè giudicassi la sua prova; non puoi giocare, cerchi solo numeri, tunnel, non vai mai in profondità. Fu un pianto generale. Gli spiegai il calcio è divertimento, ma anche sacrificio per chi vuole andare avanti”. Si illuminano gli occhi, Lirio racconta senza sosta di una famiglia unita, di sua moglie Karina, di Ernesto, di Raul che gioca a calcio, senza dimenticare la piccolina, la bellissima Dominique. “Ora ogni volta che viene a casa, o quando ci sentiamo a telefono, mi racconta i dettagli del movimento, del tiro, di come si è liberato. Anzi per evitare che mi possa perdere qualche sua giocata, mi ha regalato Sky per la B e se non guardo la partita sono…guai”.

Ernesto, conosce il carattere del padre e ne apprezza ogni sfumatura. “Io ho amato il calcio sin da piccolo, da quando all’asilo giocavo durante la ricreazione. Il mio idolo è, è sempre stato, mio padre. Già so che prima mi sottolinea sempre gli errori, come avrei dovuto fare per rendere al meglio e poi, qualche volta, ma solo qualche volta – lo rimarca sorridendo – mi fa qualche complimento”. La prima stagione nella serie cadetta per Ernesto si sta rivelando positiva. Merito della sua caparbietà e professionalità, ma anche del Crotone. La società calabra è un piccolo gioiello “sportivo” che con professionalità e parsimonia, affronta la serie cadetta. Dal presidente Pasquale Vrenna al tecnico Massimo Drago, un modo sano di intendere il calcio. Ernesto ha realizzato il suo primo gol in serie B il 12 ottobre 2014 nella gara persa dai calabri tra le mura amiche per 4 a 1. “Adoravo Gabriel Omar Batistuta, sia per i capelli lunghi e per i gol. Molte torte dei miei compleanni, riportavano la sua effige”. Il legame con la famiglia, un’isola felice, è davvero saldo: “Non nega che mi pesa tanto stare lontano dai miei genitori, ma anche loro, giocoforza, hanno imparato a conviverci”. I gol per una punta sono tutto. “Ricordo ancora 5 reti segnate quando indossavo la maglia dell’Invicta in una gra contro la Juve Nissa, mio papà era in tribuna a guardarmi”.

Il presente è a tinte rossoblù. “Il mio obiettivo è ottenere la salvezza con il Crotone e segnare gol ‘importanti’. Il mio carettere socievole ed estroverso mi ha consentito di ambientarmi subito. Ho legato molto con Gian Marco Ferrari e Stefano Padovan”. Ovviamente non solo calcio nelle sue giornate. “Insieme a loro, organizziamo spesso cene. Giochiamo alla playstation, (giochi preferiti Fifa 15 e Call of Duty). Trascorriamo il tempo come fanno normalmente i ragazzi. Non manca la musica, prediligo DJ Ax, una passione trasmessami da mio cugino Lillo con cui ho un rapporto preferenziale. Adoro le polpette crotonesi, sono una specialità succulenta”. Bomber anche di cuori? “No, sono felicemente fidanzato, quando lei è con me, pizza, passeggiate sul lungomare, cerchiamo di trascorrere più tempo possibile insieme”.

La sensazione è che nella dinastia Torregrossa sul trono di bomber stia per sedersi il giovane Ernesto. Chiediamo a Lirio, non hai paura di essere spodestato? Sorride, guarda le pareti, piene di foto che lo ritraggono in maglia verdeamaranto e chiosa: “A San Cataldo, per quello che ho fatto per quella maglia che ho nel cuore, Torregrossa sarà sempre…Lirio”.

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