La volontà del gruppo Eni di tornare a scommettere sul grande impianto siciliano, attraverso il “Progetto Gela”, sembrava andare proprio in questa direzione, ma gli sviluppi successivi di tale vicenda smentiscono le impressioni iniziali.
In merito al “Progetto Gela”, nelle scorse settimane il presidente della commissione Ambiente, Territorio e Beni Ambientali Marinello aveva inoltrato all’amministratore delegato di Eni Scaroni una missiva nella quale venivano richiesti maggiori ragguagli circa le concrete modalità di attuazione del progetto.
In particolare, era stato chiesto se la centrale termoelettrica a coke da petrolio avrebbe continuato a funzionare dopo la ristrutturazione, nonché l’esatta valutazione comparativa degli inquinanti che saranno immessi in atmosfera a ristrutturazione ultimata, rispetto alla media degli ultimi quattro anni, con particolare riguardo al particolato sottile contenente metalli pesanti.
Ebbene, la risposta pervenuta da Eni è stata lacunosa e insoddisfacente. Quanto alla valutazione comparativa degli inquinanti, il gruppo non risulta in grado di qualificarli nonostante il progetto sia stato presentato alle autorità locali e regionali. Tale “approccio” solleva non pochi dubbi, in quanto solitamente la parte ambientale di un progetto è quella più importante.Se a ciò si aggiunge che fonti qualificate interne allo stesso gruppo stanno lanciando segnali decisamente non incoraggianti, confermati dalla chiusura del primo semestre con un utile netto in calo e risultati assai deludenti per ciò che riguarda la raffinazione, il quadro circa le reali intenzioni di Eni comincia a delinearsi con una certa nettezza, e certamente non va nella direzione da noi tutti auspicata di pieno rilancio dello stabilimento siciliano.
Di fronte ad un quadro tanto incerto per il futuro del comparto raffinazione a Gela, al quale ha contribuito la scarsa chiarezza del management del gruppo, ho ritenuto di investire di questa delicata questione le competenti autorità preposte rivolgendo un’apposita interrogazione al ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato.
Alessandro Pagano