SAN CATALDO – Ricordare il 27 gennaio del 1945, in occasione dell’abbattimento dei cancelli dei Campi di Auschwitz, l’Olocausto e lo sterminio degli ebrei – ha dichiarato l’Assessore alla Cultura, Giuseppe Anzalone – non è soltanto un atto dovuto ma, assume, nell’intenzione dell’Amministrazione Comunale di San Cataldo la connotazione di una riflessione collettiva. Una riflessione che, partendo dalla Shoah e commemorando le vittime per mano nazista, si estenda a volgere lo sguardo verso un mondo comunque armato su persone innocenti e indifese.
L’iniziativa svoltasi oggi al Teatro Marconi – ha continuato l’Assessore Anzalone – assume una significativa duplice valenza: di testimonianza orale diretta verso ognuno di noi e, sopratutto, verso le giovani generazione e di percezione temporale del genocidio. Laddove, infatti, possa sembrare un tempo lontano e concluso, si vuole evidenziare come esso sia, viceversa, ancora vicino e come la sua eco non debba assolutamente disperdersi.
Indirizzare al mondo scolastico tale iniziativa – ha concluso l’Assessore alla Cultura Giuseppe Anzalone – fa emergere dalle pagine dei libri scolastici una realtà ancora molto vicina, a cui l’arte ha voluto dedicare diverse delle sue più alte espressioni; in particolare abbiamo scelto di utilizzare le immagini del pluripremiato film “Il bambino con il pigiama a righe” e le parole di alcune note e meno note poesie, perché “i bambini, come i poeti, si esprimono per immagini” e, quelle immagini, parlano da sole.
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Ottima iniziativa.
Purtroppo, ancora oggi, dobbiamo assistere all'ennesima sparata di Berlusconi: "Mussolini fece bene, leggi razziali è stata la peggiore colpa" e a quella di Grillo: "L'antifascimo è un problema che non mi compete".
A proposito di poeti, copio e incolla la poesia di Primo LEVI.
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e i visi amici:
considerate se questo è un uomo,
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per mezzo pane,
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore,
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca
i vostri nati torcano il viso da voi.