Cronaca

Violenza su donne disabili, troppi abusi sommersi: ancora più vulnerabili quando aggredite dal caregiver

Duecentotrenta casi di maltrattamenti, 50 di violenza sessuale, 21 di atti persecutori: sono i dati raccolti tra l’ottobre 2020 e il settembre di quest’anno dall’Osservatorio per la Sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) della Direzione centrale della Polizia criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza sul fenomeno della violenza di genere che vede vittime donne disabili.

Un report che l’Oscad presenta in occasione della celebrazione della Giornata internazionale delle persone con disabilita’ che si celebra oggi: dal monitoraggio effettuato emerge che i crimini commessi nei confronti delle donne con disabilita’, anche minorenni, hanno subito una leggera flessione nei due periodi di riferimento (1 ottobre 2020 – 30 settembre 2021/1 ottobre 2021 – 30 settembre 2022).

Nei due periodi in esame sono stati riscontrati rispettivamente 125 e 105 episodi di maltrattamenti contro familiari o conviventi (reato previsto dall’articolo 572 del codice penale) commessi nei confronti di donne con disabilita’.

Frequente e’ il caso di minori con disabilita’ vittime di violenza assistita tra le mura domestiche.

Per quanto riguarda la violenza sessuale (articolo 609 bis codice penale), nei periodi di riferimento sono stati registrati rispettivamente 26 e 24 casi: tali reati – si legge nel report – colpiscono maggiormente le donne con disabilita’ di tipo cognitivo, solitamente con difficolta’ a riconoscere l’abuso e a denunciarlo. Nei casi di violenza sessuale su donne con disabilita’ fisica, invece, la vittima viene presa di mira a causa delle sue difficolta’ motorie che non le consentono di fuggire o opporre resistenza.

Queste storie drammatiche, si legge ancora nella nota, sono quelle dell’approfittamento della condizione di disabilità delle vittime che risultano, spesso più delle altre donne, impossibilitate a denunciare quanto accaduto per timore di ritorsioni o di perdere il supporto della persona che si prende cura di loro o per la stessa difficoltà di riconoscere l’abuso. Le donne con disabilità sono dunque vittime delle stesse forme di violenza che colpiscono le altre donne ma con conseguenze spesso amplificate in ragione della loro particolare vulnerabilità. Da qui la notevole cifra di sommerso che contraddistingue tali reati e la necessità di tenere alta l’attenzione su un fenomeno che rimane celato, sconosciuto se non addirittura negato.

Molto spesso gli abusi sessuali avvengono all’interno della famiglia o nelle strutture deputate alla cura e all’assistenza. Generalmente l’autore del reato e’ una persona vicina, che gode della fiducia della vittima, come un familiare, un amico, un operatore sanitario, un insegnante, un volontario o il caregiver.

Riguardo agli episodi in cui e’ stato contestato il reato di atti persecutori (articolo 612 bis c.p.) nei periodi in esame sono stati denunciati rispettivamente 15 e 6 episodi. Il reato di stalking talvolta viene commesso da partner ed ex partner, ma le condotte vengono realizzate anche da vicini o conoscenti della vittima.

Ad esempio in Sicilia, durante il lockdown, una giovane donna affetta da una grave forma di deficit cognitivo che si trovava ricoverata presso una struttura sanitaria, avrebbe subito ripetute violenze sessuali da parte di un operatore a cui era affidata la sua cura. Nessuno ha denunciato e gli abusi sarebbero rimasti sconosciuti se la donna non fosse rimasta incinta. Solo a quel punto, infatti, la struttura sanitaria ha comunicato lo stato di avanzata gravidanza ai familiari della donna, facendo emergere tutto il doloroso vissuto della vittima. 

Ci sono poi condotte illecite realizzate nel web: molte giovani con disabilita’ vengono contattate sui social network, circuite e indotte a produrre materiale sessualmente esplicito. Spesso, tali vicende si concludono con richieste estorsive, anche di natura sessuale, ai danni della donna, sotto la minaccia di divulgare il materiale pornografico che la ritrae. 

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