Rassegna stampa

Rassegna stampa. “Caos” Sicilia. Regione, Miccichè smentisce l’intesa con Schifani: «La faccenda non si risolve in due giorni»

Dipende dalla prospettiva. Anche l’esito del faccia a faccia fra Renato Schifani e Gianfranco Miccichè – domenica pomeriggio, dopo quasi due settimane di silenzio – muta il senso a seconda da dove lo si guardi. E così il pur moderato ottimismo trapelato da Palazzo d’Orléans dopo il vertice, ritenuto un primo passo verso un’intesa in particolare sul «nome di un’assessora tecnica alla Salute da condividere» , assume un altro significato. «È stato un incontro molto interlocutorio, non ritengo che si sia chiuso nessun accordo». Così, quando il viceré berlusconiano di Sicilia, rilassato e sorridente, rompe il ghiaccio, il quasi-non-accordo ha le sembianze di «una situazione che non si risolve in due giorni» e che comunque «non dipende da me». Pur essendo stato «un piccolo passo avanti rispetto a una tensione incomprensibile nei confronti miei e di Forza Italia» .

Miccichè, domenica sera, s’è sottratto alla raffica di telefonate. «Le ho contate tutte, non solo le sue: sono state parecchie decine». Tutte senza risposta, come dimostrano i nomi (alcuni insospettabili) segnati in rosso sul display del cellulare. E così sfodera l’alibi di ferro: «Dopo l’incontro con Renato, mi sono rifugiato a casa. C’era Juventus-Inter: il prepartita, poi 90 in cui ho goduto come un riccio e dopo almeno per un’ora e mezza me la sono goduta (la frase originale non è proprio questa, ndr) per la vittoria».

Quindi il leader forzista si tira fuori da «una fuga di notizie, che evidentemente c’è stata, su un incontro che doveva restare segreto». Ma, visto che La Sicilia l’ha raccontato nell’edizione di ieri, l’interlocutore a questo punto non si sottrae: «Il vostro racconto è verosimile». Sintesi: Miccichè avrebbe chiesto a Schifani la nomina di Daniela Faraoni ad assessora alla Salute, mettendo sul piatto le sue dimissioni, a breve scadenza, dall’Ars, facendo così scattare il suo seggio al primo dei non eletti di Forza Italia a Palermo, Pietro Alongi, a cui il governatore tiene molto; in subordine la proposta sarebbe di «avere un ruolo in giunta», con la preferenza espressa per i Beni culturali. E però, a bocce ferme, aggiunge che «la mia idea era fare alcune proposte al presidente, non riceverne una da lui».

E qui che spuntano dei «dubbi enormi». Perché sull’ipotesi di «condividere assieme il profilo di una tecnica per la sanità» il presidente uscente dell’Ars appare molto scettico. «Nomi non me ne ha fatti, ma mi dicono tutti che ne abbia uno che io non ho avuto il piacere di conoscere: se l’assessore ce l’ha già è imposto, non condivisa». Insomma, Miccichè non ha intenzione di fare il “notaio” di decisioni già prese. Così come sulla nomina, ormai data per scontata da tutti gli alleati più influenti, degli assessori forzisti: lo storico nemico Marco Falcone all’Economia, che «s’è un po’ montato la testa», e l’ex sodale Edy Tamajo al Turismo, «non so se scelto da Schifani o direttamente da Totò Cardinale». A questo punto tace. E non risponde alle sollecitazioni del cronista. Nel non detto, però, c’è tutto il timore di una “trimurti” (oltre all’ex ministro dc, di certo un rinvigorito Totò Cuffaro e magari pure un sornione Raffaele Lombardo) che, con ruoli diversi, dia le carte sul nuovo tavolo della Regione.

Ma non sarebbe una spinta in più per restarsene a fare il senatore? «Ho rifiutato di tutto. Io a Roma non ci vado, non voglio andarci». E in quel «tutto» i suoi fedelissimi ci mettono dentro il ministero della Funzione pubblica, ma anche l’ultima offerta del Cav sulla presidenza della commissione Ambiente di Palazzo Madama. «Io sono coerente: dopo le tensioni sulla Regione non potevo entrare nel governo Meloni, ed è giusto che ci sia entrato Musumeci». Ma non ci sarà – e questo Miccichè lo assicura – il remake della guerra con il predecessore di Schifani. «Non ho una malattia per cui devo cercare un medico che mi curi. Se le scelte le fanno gli altri, posso anche decidere di accettarle. Ma non mi si venga a dire che sono scelte mie…». I nemici lo descrivono come «un pugile suonato», ma lui – come la Juve di Allegri – è pronto a risorgere sovvertendo i pronostici che in questo momento lo danno perdente. E, soprattutto, sembra avere chiaro lo scenario della legislatura. «Ma me lo tengo per me…».

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