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Caltanissetta. Padre Domenico Agnetta celebra 50 anni di presbiterato: una vita come missionario di Dio

Per un cristiano il cammino verso la santità è ripido e la vetta impossibile da raggiungere se si guarda con un occhio umano. Diversa, invece, è la percezione dell’obiettivo se si pensa che, tutto ciò che viene realizzato, viene fatto non “dall’uomo” ma “da Dio tramite l’uomo”.

Ed è questa la visione che per 50 anni ha seguito Padre Domenico Agnetta, francescano dell’Ordine dei Frati Minori cappuccini. Nei suoi quasi 75 anni di vita, con umile e fedele obbedienza e seguendo l’esempio di San Francesco d’Assisi, Padre Domenico si è sempre proteso al servizio del prossimo viaggiando verso luoghi ignoti e spesso molto pericolosi, sicuro che quello era il volere di Dio per lui.

Da 2 anni è Vicario della chiesa di San Michele Arcangelo di Caltanissetta e, per l’occasione, il parroco Giovanni Pollani ha organizzato, insieme ai fedeli, un’intera settimana di festa. Mercoledì 14 luglio è stata condotta una tavola rotonda (da poter rivedere cliccando sul link https://bit.ly/3wRNV3t ), venerdì 16 un’adorazione eucaristica vocazionale e sabato 17 luglio, proprio come 50 anni fa, una celebrazione eucaristica seguita da una festa condivisa con chi lo ha conosciuto come uomo ma, soprattutto, come compassionevole presbitero.

Sesto di 11 figli, Domenico Agnetta già da adolescente, frequentando il ginnasio al Seminario di Caltanissetta ha iniziato ad avvertire il desiderio di vocarsi a vita consacrata. Una determinazione che, inizialmente, era apparsa a chi lo conosceva come una curiosità passeggera ma che, invece, grazie anche alla fede salda della madre, si è dimostrata una scelta consapevole e totale. “Avere tanti figli, in passato come oggi, non era semplice soprattutto economicamente – ha raccontato al termine della celebrazione suor Gioia, sorella di Frate Domenico -. Mia madre, però, gioiva a ogni nuova nascita sperando che il neonato, crescendo, potesse diventare un santo”.

Orientare i figli verso il loro reale desiderio, soprattutto se in grazia di Dio, per i genitori di Domenico è sempre stata una missione genitoriale e un motivo di orgoglio.

La vita di Padre Agnetta, però, non è mai stata per troppo tempo circoscritta in un luogo. “Gesù invitava i discepoli ad andare a due a due in terre straniere, senza preoccuparsi dei beni materiali, senza cibo né indumenti né denaro – ha raccontato Frate Luigi Librera durante il suo intervento alla tavola rotonda -. Dovevano evangelizzare senza preoccuparsi della lingua parlata nei territori che raggiungevano. Sarebbe stato Dio a provvedere per loro. Nella vita francescana questo invito si è arricchito ancora più di significato spingendo a vivere nella comunità in fraternità e mettendo a frutto i talenti personali accettando anche un rifiuto senza lasciarsi scoraggiare”.

Seguendo questo invito Domenico si è sempre alzato alla chiamata missionaria per poi scoprire, senza timore né perplessità, che i luoghi da evangelizzare si trovavano spesso dall’altro lato del mondo in territori dove la religione cristiano cattolica era sconosciuta dalle popolazioni locali o, addirittura, vietata dal Governo. Ha imparato lo spagnolo in Colombia e il cinese in Cina, lingue che continua a mantenere vive nella sua memoria per “non farsi trovare impreparato” nel caso in cui fosse invitato a lasciare tutto e partire. “Io non ho fatto niente ho solo vissuto la vita che Dio mi ha dato ed è solo lui che fa le cose grandi” è solito ribadire il cappuccino.

Padre Domenico Agnetta lascia dietro di sé un ricordo affettuoso in chi lo ha conosciuto anche dopo diversi anni. Fra Rafael Rivera, durante la tavola rotonda, ha raccontato agli intervenuti come sia ancora vivo nei suoi confratelli del Sud America il ricordo di un religioso che possedeva un grande amore per la sacra scrittura edl’esegesi biblica ma anche un’ottima capacità di orientarsi nelle strade. Talento molto importante soprattutto durante i 6 mesi di itineranza in Messico. Il suo approccio amichevole e confidenziale spingeva le persone ad ascoltarlo e accogliere quanto lui evangelizzava.

“Ha risposto all’invito di andare tra gli atei, i protestanti e i Saraceni così come ha fatto Francesco – ha proseguito Don Pippo Lauria -. E’ più facile restare comodi nelle proprie case, evangelizzando nella propria parrocchia ma la missione dei frati è quella di andare ad annunciare il Vangelo ovunque. Un’intuizione cappuccina che non è cambiata nei secoli ma, al contrario, è cresciuta contemporaneamente alla scoperta di nuove terre e che Padre Domenico ha accolto completamente lasciandosi inviare dalla chiesa – e dai catechisti del Cammino Neocatecumenale – dove ci fosse più bisogno”.

Legato alla missione che Dio ha tracciato per lui piuttosto che al ruolo di prestigio o di potere da poter rivestire, Padre Domenico è ricordato anche come un “servo di Dio pronto donarsi agli altri”. Una missione che ha seguito per 5 anni svolgendo il servizio presso l’infermeria provinciale di Palermo “per prendersi cura di quei frati che, prima di lui, lo hanno aiutato a forgiarsi nella fede nel rispetto della regola francescana che invita a curare il corpo e sanare le ferite oltre che nutrire lo spirito – ha proseguito Padre Giovanni Pollani –. E questo invito Domenico lo ha accolto materialmente prendendosi cura del corpo degli ammalati e degli anziani e, alla fine del turno, occuparsi di medicare le ferite del cuore e fasciare le fratture generate dalle relazioni umane”.

Chi lo vede muoversi in silenzio nel convento francescano di San Michele non può immaginare che dentro quel saio, dietro quegli occhiali, quel sorriso rassicurante e quella lingua sempre pronta a scherzare e strappare un sorriso si cela un uomo che ha vissuto esperienze avventurose, dure e pericolose per la sua stessa incolumità. Tutte, però, affrontate con una fede salda e una certezza: quella di dover seguire sempre il volere di Dio. Un esempio virtuoso che, dopo 50 anni, continua a far riflettere sulla “missione” che ciascuno dovrebbe individuare nella propria vita e portare a termine.

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