il Fatto Siciliano

Covid, inchiesta su dati falsi in Sicilia, Gip “Falsità punta di iceberg”

“Allo stato non si puo’ escludere che le falsita’ emerse dalle telefonate ed oggetto di incolpazione provvisoria costituiscano solo la ‘punta dell’iceberg’ di ripetute falsita’, che solo una certosina e laboriosa ricostruzione permettera’ di far emergere”. E’ quanto si legge nell’ordinanza del gip di Palermo, Cristina Lo Bue, che ha revocato la misura degli arresti domiciliari nei confronti Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dasoe (Dipartimento Regionale per le Attivita’ Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico) della Regione siciliana, di Salvatore Cusimano, funzionario regionale dell’assessorato regionale alla Salute, e di Emilio Madonia, dipendente di una societa’ che si occupa della gestione informatica per conto dello stesso assessorato. Ai primi due il gip ha applicato la sospensione per 12 mesi dai pubblici uffici.

I pm della Procura di Palermo (l’aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Andrea Fusco e Maria Pia Ticino), che hanno preso in carico il fascicolo dopo che il gip di Trapani si e’ dichiarato incompetente territorialmente, hanno approfondito alcuni aspetti, ritenendo che i numeri sui decessi “spalmati” non configurino il reato di falso ideologico. Altra storia, invece, per i dati aggregati (tamponi, nuovi positivi al covid e ricoveri) che vengono caricati sulla piattaforma digitale dell’Istituto superiore di Sanita’. Sottolinea la stessa gip: “La rilevanza dei dati aggregati caricati dagli indagati sulla piattaforma ISS ai fini delle valutazioni epidemiologiche effettuate in ambito regionale: valutazioni che possono incidere – si legge nel provvedimento – nelle determinazioni del Presidente della Regione relative all’istituzione delle zone rosse provinciali e/ o alla chiusura delle istituzioni scolastiche a livello provinciale. Appare pertanto riduttivo, oltre che errato, come piu’ volte affermato nelle memorie difensive… affermare una mera valenza statistica/informativa dei dati aggregati presenti sulla piattaforma sulla Piattaforma Integrata Sorveglianza Covid-19”.

Il gip, che ha accolto la tesi dell’accusa, afferma: ” non appaiono giustificabili le scelte di quotidiani aggiustamenti dei dati aggregati da parte degli odierni indagati, raccolti ed elaborati con tecniche e modalita’ rudimentali, che non consentivano il rispetto del parametro della correttezza e della qualita’ del dato, finendo per dar luogo a dati infedeli. E, infatti, emerge chiaramente – prosegue – dalle intercettazioni che molti dati non venivano trasmessi quotidianamente e finivano, per un tempo indeterminato, in una “zona grigia” da cui attingere per effettuare scostamenti al rialzo o al ribasso, finendo per falsare il dato”. Dalle indagini dunque viene fuori che, “analizzando le caratteristiche di tali falsificazioni, dalle intercettazioni e’ agevole notare che tendenzialmente esse venivano effettuate in modo da far risultare – si legge – un numero di tamponi superiore rispetto a quello reale, cercando di garantire una proporzione bassa del numero dei positivi in rapporto ai tamponi effettuati”. (AGI)

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