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Rassegna Stampa. 100 anni della PCI, i protagonisti entrati nella storia a Caltanissetta

Come è noto, in questo mese di gennaio ricorre il centenario della scissione socialista di Livorno, quando, con la fuoriuscita dei dirigenti della corrente “massimalista” Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci, si vide la nascita del Partito comunista d’Italia.

Anche in provincia di Caltanissetta – che dopo la guerra era stata attraversata da forti agitazioni popolari (si pensi a quelli sanguinosi di Riesi e Terranova-Gela del 1919) – si era aperto un serrato dibattito interno al Partito socialista, tra i massimalisti e i riformisti turatiani.

L’insanabile frattura si sarebbe conclamava, a livello nazionale, il 21 gennaio 1921, al congresso socialista livornese con la fuoriuscita dei primi, che avrebbero assunto il nome di “comunisti”.

A Caltanissetta quasi tutto il gruppo dirigente socialista aderiva al Pcd’I, e tra questi il consistente Circolo dei ferrovieri, con Paolo Caminiti, Francesco Malogioglio, Nicola Arnone, ma anche con l’artigiano Luigi Donzella, i minatori Amedeo Pirrera, Antonio Giglia, Cristoforo La Delfa, l’impiegato dei telegrafi Ignazio Melfa, il muratore Michele Ferrara ed altri.

Cosa analoga si verificava nella Federazione giovanile socialista, con l’uscita dei giovani Antonio Galiano, Pietro Migliore, Enrico Giordano, Giuseppe Proietto, Antonio Butera e Nicola Piave.

La neo organizzazione comunista di Caltanissetta si insediava in uno dei locali della Camera del lavoro in via Bannò 2, sotto la direzione di Cristoforo La Delfa. Un ruolo importante di “fiancheggiamento” avrebbe avuto in quella fase la forte Lega degli zolfatari, capeggiata da Angelo Todaro, analfabeta ma che godeva tra i minatori di una grande stima per le sue coraggiose prese di posizione contro la classe padronale zolfifera vicina alla mafia.

L’incarico di guidare il gruppo giovanile comunista veniva affidato al giovane Nicola Piave, impegnato anche nella diffusione della stampa di partito, soprattutto dei giornali L’Ordine Nuovo e Il Fanciullo proletario.

La componente al Consiglio comunale era invece formata dai consiglieri Arnone, Ferrara, Malogioglio e Bertarini, che erano stati eletti nella lista socialista alle amministrative del 1920. Contestualmente, con l’avvento del fascismo, anche a Caltanissetta si erano costituiti i primi fasci di combattimento che vedevano tra i suoi promotori i fratelli D’Oro (famiglia di gestori zolfiferi), i giovani avvocati Rovello e Alaimo e gli studenti Santi Cammarata e Luigi Gattuso.

Un attentato era stato perpetrato, in quel frangente, contro i Consiglieri comunali Bertarini e Malogioglio; dal quale entrambi era usciti illesi. Da quel momento iniziava a Caltanissetta e in provincia – così come nel resto del Paese – una lunga sequela di rappresaglie a danno delle organizzazioni dei lavoratori. In città veniva devastato il Circolo dei ferrovieri di via Arco Alessi e la stessa Camera del lavoro. Scontri sempre più frequenti si verificavano tra gruppi di fascisti e militanti socialcomunisti, fino all’uccisione, nell’aprile 1921, del giovane fascista Luigi Gattuso.

Dell’omicidio veniva accusato il militante comunista Michele Ferrara, che sempre si sarebbe dichiarato innocente, attribuendo la causa della morte del giovane ad colpo d’arma da fuoco sparato per errore da un suo stesso camerata. Ferrara sarebbe poi stato assolto per insufficienza di prove, ma tra carcere e confino fascista avrebbe scontato oltre dieci anni di reclusione.

Da li a poco la vita del Pcd’I sarebbe entrata in clandestinità. Dopo l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1924, infatti, sarebbero state varate le cosiddette “leggi fascistissime”, con la soppressione dei partiti e delle organizzazioni sindacali.

Dopo una prima stasi organizzativa, nei primi anni Trenta, in alcuni ambienti lavorativi e studenteschi della città, si sarebbe avviato un nuovo fermento, con la costituzione delle prime cellule clandestine capeggiate da Calogero Boccadutri, Pompeo Colajanni, Luigi Cortese, Emanuele Macaluso, Michele Calà, Nicola Piave ed altri. Ciò avrebbe fatto del gruppo antifascista nisseno uno dei più organizzati in Sicilia. Contatti sarebbero stati presi con le altre cellule della provincia ed oltre e con gli altri gruppi politici democratici (socialisti, cattolici, repubblicani, anarchici ecc.), tessendo una fitta rete clandestina che avrebbe fatto esprimere alla provincia di Caltanissetta una delle pagina più gloriose dell’antifascismo siciliano.

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