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“Col Covid è cambiata la dinamica dei divieti e i genitori vanno nel pallone”

Otto milioni 169 mila 926 contatti unici. Dal 7 al 16 gennaio. Nove giorni. Per un post su Facebook di una conferenza vecchia di due anni fa. È capitato al professor Paolo Crepet, psichiatra e sociologo molto noto anche per le sue frequenti apparizioni televisive. Conferenza in cui racconta la storia di Niko Romito, chef stellato di Castel di Sangro, in Abruzzo. E di come ha iniziato la sua attività, rilevando un vecchio ristorante del padre al momento della morte e rivoluzionandone il concetto. L’occasione è la presentazione a Foligno al Festival di Filosofia del suo libro, “Passione”, edito da Mondadori nel 2018, nel corso della quale lo psichiatra parla anche del rapporto genitori-figli e della passione per ciò che si fa. Il giorno dopo l’Epifania, un amico del professore, organizzatore di concerti, posta sul proprio profilo Facebook il video, della durata di 8 minuti e 22 secondi in tutto: “Quella di Romito è la storia di una cocciutaggine, che come dice Renzo Piano – spiega tra le altre cose il professore nell’incontro di Foligno con i lettori – all’inizio non è una cosa intelligente, ma è l’introduzione alla passione”.

Il video in un attimo spopola. Il capo dei social Mondadori riferisce a Crepet che non si è mai vista una cosa simile per nessun autore del gruppo. Dunque, un successo. E lui come lo spiega? “Che c’è un bisogno enorme di qualcuno che ti ascolti, perché c’è una solitudine immensa in quanto ci si sente soli”, risponde Crepet.

Per Crepet “soprattutto i genitori si sentono soli” perché con i ragazzi “hanno perso il contatto” per una ragione molto semplice, “perché fino all’altro ieri – prima della pandemia – avevano adottato una filosofia educativa che non prevedeva alcun divieto, nel senso che si trattava di una cultura ‘riparativa del danno’, tesa a blandire i ragazzi, a smussare le loro difficoltà, a giustificarli, quando poi è improvvisamente si è presentato uno Stato che norma, che impone delle regole e dei divieti, loro sono entrati nel pallone”.

Si spieghi, professore: vuole dire che i genitori non sanno più come contenere i propri figli e non si sanno imporre? “Esattamente. Perché se fino all’altro ieri a mio figlio non ho mai detto di no e il primo no alla possibilità di muoversi, di fare qualsiasi cosa ti arriva da Conte, non sono nemmeno capaci di giustificare e regolamentare quest’aspetto, non sanno nemmeno come mediarlo”.

Tant’è vero, spiega ancora Crepet, che tutto ciò che accade oggi “dove c’è una rissa al giorno piuttosto che una movida clandestina, è una cosa tremenda. Siamo di fronte ad una generazione che non capisce più nulla”. Professore può fare un esempio più concreto? “Un tempo da ragazzi – risponde lo psichiatra – quando combinavamo qualche pasticcio, i genitori ci dicevano: adesso non esci più di casa”. Oggi, invece, “è lo Stato che ti dice di non uscire più di casa”.

E questo cosa comporta, professore? “Che il fatto di non uscire più di casa, non è più una punizione, un castigo, ma è solo un consiglio…”. Che in quanto tale ha il valore che ha… “Non capisci più niente. I ragazzi non capiscono più nulla. È se avessimo dato cazzotti perché i ragazzi rompevano le scatole e invece oggi li dessimo per mettere a posto i denti… È un vero controsenso. Siamo entrati in una sorta loop culturale pazzesco – spiega Crepet – che rischia di creare solo che confusione, vengono lanciati ogni giorno segnali contraddittori, disorientanti”.

Secondo Paolo Crepet dietro agli oltre 8 milioni di contatti per il video della sua conferenza “c’è anche tutto questo: necessità di risposte”. “Quindi una persona con i capelli bianchi, come i miei, ma anche con delle competenze, che ti dice in maniera forse anche provocatoria quale è il problema, non cosa devi fare, è chiaro che il confronto diventa una cosa inevitabilmente necessaria”. E per lei cosa diventa? “Per me diventa un motivo di enorme responsabilità, perché c’è una massa che preme, che chiede”.

E in questa massa cosa c’è, professor Crepet? “Non è più solo lo zoccolo duro di insegnanti o un po’ di mamme. Tre milioni di contatti sfugge a qualsiasi categoria sociologica. È tanta gente, molto smarrita. Che ha trovato questo spezzone di poco più di 8 minuti – l’ultima annotazione – inusitatamente lungo perché ci si è abituati a ragionare sul tempi brevi. Sulla battuta o sulla bestemmia dando così sfogo alla nostra ira sociale”. “Siamo abituati a reazioni immediate, mancano strumenti di analisi e di critica. Una comunicazione così ermetica, istantanea, non aiuta”, conclude Crepet.

Il fenomeno degli 8 milioni su Facebook è molto simile a ciò che il professore riscontrò nel 2004 quando con Confartigianato fondò la “Scuola per genitori”: fino al 2016 fu boom di iscrizioni, 30 mila utenti per 36 sedi. Allora il problema dei genitori però era un altro: i padri non sapevano a chi lasciare le aziende perché i figli non volevano saperne delle loro aziende, ma ne pretendevano i dividendi. Come cambiare l’auto ogni anno. “Devo dire a mio figlio che non posso”, mi dice il signore che ho davanti. “”Glielo dica lei”, obietto. E lui: “In che modo?”. “Come lo ha detto a me”. “Professore, non glielo potrebbe dire lei…?” “È tutto vero, non è una battuta. Il problema di quel signore è che suo figlio era venuto su come l’insalata”, conclude lo psichiatra.

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