“E sedutosi … li ammaestrava”: Due uomini salirono al tempio per pregare (di don Salvatore Callari)

Dopo una lunga pausa  del tutto involontaria e imprevista per ragioni di salute,  ci rivediamo su questo schermo per fare qualche riflessione  sulla trentesima domenica dell’anno  . Spero non sia vana , almeno  nel rispetto   per la sofferenza dell’umile fatica .  Il pensiero dominante  della liturgia odierna,  è la preghiera. Argomento  che certamente  interessa tutti, sia per quello che diciamo al Signore  sia per la maniera o l’atteggiamento che assumiamo quando  preghiamo. Il Siracide, autore della prima  lettura,  insiste per farci intendere  che il Signore ascolta  la “preghiera dell’oppresso”, cioè del povero , di chi si trova nel bisogno Ma richiama caldamente  “che la preghiera sia fatta con umiltà e fiducia, e allora la sua preghiera giungerà fino alle nubi”. La esperienza   talvolta , nel nostro spirito,  crea un certo dissidio ci lascia  turbati credendo che il Signore non sia sollecito  ad esaudire. Ci dice il Siracide : la preghiera sincera  non desiste finchè  l’Altissimo  non sia intervenuto “ Nel Vangelo leggiamo una delle parabole più gustose, semplice, lineare, avvincente. Gesù con  la parabola  ci insegna che Dio ascolta gli umili accordando il perdono dei peccati Due uomini salirono  al tempio per pregare: un fariseo e un pubblicano ( peccatore ). Il primo è pieno di arroganza, di disprezzo per gli altri, si vanta dei suoi meriti, crede che la sua condotta sia esemplare .  E conclude, in cuor suo, che si aspetta un elogio dal Signore. Il pubblicano, invece, si riconosce peccatore e si affida alla misericordia divina. Conclude Gesù: il pubblicano è stato giustificato, perdonato, il fariseo invece  no. Il Signore esalta, salva gli umili ma rifiuta i superbi, che saranno umiliati e condannati, così come ha cantato,  mirabilmente , la SS. Vergine nella sua preghiera, il  Magnificat.

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