Terremoto: Etna, la madre-matrigna che fa tremare la Sicilia 

PALERMO- (di Giuseppe Marinaro) “Iddu”, lui, e’ lo Stromboli, perche’ “e’ masculo”. L’Etna, invece, “femmina e'”. E’ “a muntagna”, la grande madre, o la matrigna, a seconda dei casi. La Sicilia guarda al suo vulcano con amore e timore al tempo stesso. I suoi sommovimenti potrebbero essere stati la causa del forte terremoto del 6 ottobre. Solo un’ipotesi al momento, spiegano dalla sezione catanese dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.

LA TERRA TREMA I fatti: alle 2.34 del 6 ottobre un terremoto di Magnitudo locale 4.8 (Magnitudo momento 4.6) e’ registrato nella provincia di Catania. L’epicentro e’ localizzato nel comune di Santa Maria di Licodia, a una profondita’ di 9 chilometri. Scossa tutta la Sicilia orientale, con decine di repliche, danni e scene di panico. Quattro giorni dopo un’altra forte scossa di magnitudo 3.4, con epicentro Biancavilla. Per gli esperti non si puo’ escludere che ci sia un coinvolgimento dell’Etna. Insomma, e’ possibile che sia legato ai meccanismi di ricarica della “muntagna”, il bizzoso gigante alto piu’ di 3.300 metri.
SE IL ‘GIGANTE’ FA LE BIZZE I dati sulla profondita’ dell’evento, avvertito fino a Siracusa, lasciano pensare che tutto possa essere connesso alla risalita del magma che diventa una sorgente di stress per le strutture tettoniche lungo quel versante del vulcano. “Stiamo parlando di una ipotesi di lavoro che deve essere verificata”, dice all’AGI il direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv, Eugenio Privitera.
Una pista, spiega Privitera, che “prende origine dal fatto che l’Etna da mesi e’ in una fase di ricarica magmatica e questo noi lo osserviamo anche tramite la misura della deformazione del suolo che mostra chiaramente un rigonfiamento del cono vulcanico”. Una fenomenologia accompagnata “da un’attivita’ diffusa che ha interessato tutta la crosta sotto il vulcano”, peraltro la quota di profondita’ “era ubicata sostanzialmente nella stessa fascia di profondita’ di questo terremoto”. Puo’ esserci un’influenza della ricarica del vulcano, “ma ricordiamoci che siamo in una zona della Sicilia che e’ interessata da importanti movimenti di tipo tettonico, non legati al fenomeno del vulcanismo”. La questione e’ allo studio.

SOLA AD ALTA PERICOLOSITA’ SISMICA E’ un fatto, del resto, sottolinea l’esperto, che la Sicilia “e’ una delle zone piu’ pericolose d’Italia dal punto di vista sismico. A prescindere dall’esistenza del vulcano, questa e’ un’area ad elevato rischio. Il vulcano presenta delle sue peculiarita’: alcune aree risultano piu’ soggette di altre alla pericolosita’ sismica, come, a esempio, quella dei paesi del versante orientale. Ma, a prescindere dall’Etna, resta quel dato incontrovertibile”. E, comunque, dal punto di vista delle conseguenze, ragiona il direttore dell’Osservatorio etneo, “il fatto che i terremoti abbiamo una origine tettonica o vulcanica, diciamo che e’ del tutto indifferente”.
UNICA STRADA IL RISPETTO DEL TERRITORIO Per il ricercatore, “bisognerebbe puntare molto sulla prevenzione, costruendo edifici e infrastrutture che siano adeguati a questi tipi di fenomeno”, ma la verita’ e’ che “abbiamo un patrimonio immobiliare particolarmente vulnerabile e che si fa ancora troppo poco. Occorrerebbe una coscienza del terremoto tutti i giorni e non solamente quando ne avvertiamo uno”. Serve un progetto organico, concreto e vincolante di interventi.
‘A MUNTAGNA’ FA SOLO IL SUO MESTIERE Ma ci si puo’ fidare dell’Etna? “I vulcani non sono ne’ buoni ne’ cattivi – e’ la risposta – sono attivi o quiescenti. Il problema e’ nostro, di come ci approcciamo al vulcano e quindi dei pericoli a cui esponiamo le nostre case e infrastrutture, noi stessi, perche’ siamo noi gli ospiti del vulcano e dobbiamo rendercene conto. Il vulcano non fa nulla di male, fa solo il suo mestiere”. Singolare, peraltro, il rapporto che i catanesi, soprattutto quelli della montagna hanno con questa imponente manifestazione della natura: “A mano a mano che risaliamo i paesi pedemontani, il rapporto si fa piu’ intenso e viscerale, qui l’Etna diventa quasi una grande madre perche’ da’ grandi riserve d’acqua, terreni fertili… o matrigna quando distrugge o piuttosto rimodella il suo paesaggio”.

 IMPREVEDIBILI Dal punto di vista dei terremoti, avverte Privitera, “c’e’ da aspettarsi tutto e niente, nel senso che non e’ possibile prevederli, lo sappiamo bene, ma capiamo anche che ci troviamo in un’area molto pericolosa, quindi la probabilita’ che si verifichino non e’ remota, anzi e’ abbastanza elevata”.
Per quanto riguarda l’Etna, “il vulcano e’ attivo, e’ il secondo piu’ attivo al mondo, periodicamente da’ luogo a delle eruzioni. Dire che l’Etna eruttera’ e’ come sostenere che piovera’ in autunno… Non sappiamo quando, anche se oggi siamo in grado di dare un preavviso, ma certamente stando nel breve termine”. Anche quando sembra che sia quiescente “in realta’ emette un pennacchio vulcanico con diverse centinaia di migliaia di tonnellate di componenti chimici dentro, principalmente acqua, ma anche anidride solforosa, anidride carbonica… e’ come se fosse un’eruzione continua”.
ONDA LUNGA C’e’ da attendersi qualcos’altro da questa onda generata dall’evento del 6 ottobre? “L’Etna e’ un vulcano attivo e questa sua attivita’ e’ accompagnata da una deformazione del suolo, quindi e’ chiaro che da qui alla prossima eruzione ci saranno altri fenomeni che procederanno insieme a questo meccanismo molto complesso della risalita magmatica”.
Il vulcano fa, dunque, il suo mestiere, peraltro in una terra ad elevata pericolosita’ sismica. Il problema, allora, e’ l’uomo: “Bisogna avere rispetto del territorio – esorta Privitera – utilizzare le conoscenze acquisite e dare finalmente il via a una operazione di pianificazione e di risanamento dell’esistente. Non abbiamo alternative”.

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