“E sedutosi … li ammaestrava”: Nessun profeta è ben accetto in patria (di don Salvatore Callari)

Nella liturgia di questa domenica si leggono due brevi pagine di vivissimo impatto , uno del popolo  dell’antica alleanza con Dio, l’altro nel Vangelo,  del popolo che contrasta duramente  Gesù.  Due pagine di pungente suggestione che  non possono lasciarci insensibili. Sarebbe  davvero utile  rileggerle privatamente, per avvertirne l’intensità e sentirsi magari scuotere  nell’intimo. Il profeta Ezechiele  (prima lettura)  riferisce  un aspro intervento di Dio contro il suo popolo. Quasi alla maniera umana, pur sempre misericordioso, i suoi sentimenti si accendono di sdegno.  Non può accettare il comportamento del “popolo eletto”  che tratta così male il suo Signore. Dio dice : “Essi si sono rivoltati contro di me, hanno peccato contro di me, sono figli testardi e dal cuore indurito. Sono una genia di ribelli”,    ma si accorgeranno che c’è  un profeta in mezzo a loro, e la profezia avrà il suo compimento. Dio ricorre  alle minacce quando non basta la carezza. In questo primo scenario è il popolo che è accusato dal Signore .   Nella pagina del Vangelo è il Signore Gesù che è preso d’assalto (verbale)   dal popolo . Egli è stato lontano da Nazaret, ora vi ritorna e nella sinagoga  tiene un lungo discorso, oggi diremmo, l’omelia. I compaesani  restano, prima, stupiti, ma, dopo, forse sobillati da alcuni  incalliti oppositori di Gesù, passano ad un atteggiamento  di rifiuto, con espressioni denigratorie  e con sottesa aria di ironia  e sarcasmo. Quasi deridendolo :  dicendo : “ che sapienza è questa… non è il figlio del falegname, e i suoi familiari non sono gente di poco conto, in mezzo a noi?  Gesù si limita solo a rilevare, amaramente, : “ Nessun profeta è ben accetto in patria “. “E si meravigliava della loro incredulità.”   La Liturgia non si deve considerare  solo una informazione storica e stantia. Ma è un invito a darle il senso della attualità. E allora rileggiamo la nostra esistenza per vedere  se abbiamo ascoltato la voce di Dio o siamo stati “testardi e ribelli”, cioè concretamente insensibili ai suoi richiami e ai suoi insegnamenti.  Consideriamo se abbiamo accolto Gesù nella nostra vita o siamo rimasti sostanzialmente increduli, sorvolando con leggerezza sui contenuti del suo  messaggio. Ci siamo contentati, forse, di sentirci cristiani,  a modo nostro  e soltanto in superficie. Il nostro cuore non è partecipe della vita della comunità, non è attratto dal grande afflato dello Spirito Santo, che vivifica la Chiesa. Il senso della  fraternità stenta a fiorire con sentimenti di sincera carità. E poi, quale è  la nostra fede , nel confronti di Gesù ?

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