Due meditazioni di grande respiro spirituale e un doppio movimento, verso il celo e verso le profondità della terra, hanno caratterizzato la giornata di S. Barbara con le celebrazioni del nostro Vescovo, Mons. Mario Russotto, in Cattedrale con i Vigili del Fuoco e a Sommatino nel pomeriggio.
La visione del profeta Isaia, tutti i popoli della Terra uniti nella pace, ha introdotto, nell’omelia in Cattedrale, la riflessione del Vescovo: “Perché se la pace è opera della giustizia, è frutto del coraggio del dialogo fra i popoli, la pace è anche cessazione della corsa agli armamenti, anzi, è trasformazione di tutti gli strumenti bellici in strumenti agricoli. Per cui vede (Isaia) le lance, le spade, trasformarsi in strumenti che servono a riallacciare un rapporto con la madre Terra, vero nutrimento dell’umanità.”
“Noi dobbiamo credere a questa utopia della pace – ha continuato il Vescovo in una Cattedrale gremita alla presenza di tutte le principali autorità – dobbiamo credere alla possibilità di essere noi stessi diversi, di cambiare, di lasciarci cambiare, per poter cambiare le sorti della nostra umanità. Siamo chiamati allora non a odiarci, a non combatterci, siamo chiamati non ad erigere barriere, frontiere, separazioni, ma a costruire piazze di incontro, strade di solidarietà. Siamo chiamati a distruggere tutte quelle armi che dentro di noi emergono per armarci, contro questo o contro quello, siamo invece chiamati a riscoprire quel nucleare di amore e di vera umanità che abita in ciascuno di noi.
Celebrare la festa di Santa Barbara significa uscire dai tunnel e dai sotterranei dell’egoismo, dell’individualismo, della presunzione, dell’accaparramento; significa camminare in piena luce, a testa alta, nella storia, mai mettendo a tacere la nostra coscienza, ma riscoprendola e rispettando la coscienza altrui.”
Nel pomeriggio, nella Chiesa Madre di Sommatino, antica cittadina mineraria che ha S. Barbara come Patrona, una meditazione che si è sviluppata partendo dal valore simbolico della miniera.
Come S. Barbara, che resisteva alle minacce del padre, chiusa nella torre ma sempre più immersa nella sua interiorità, ha proseguito Mons. Russotto: “Nella sua interiorità aveva scavato una miniera abitata da Dio, un luogo così profondo ma così intimo alla sua anima, in cui lei poteva dialogare con il Signore, incontrare e conoscere se stessa e attingere la forza della fortezza”.
Una fortezza, virtù cardinale, che il Vescovo ha coniugato con il concetto contemporaneo di “resilienza”: “Che non è una semplice resistenza nelle avversità, ma è la capacità di vincere le avversità, è l’intelligenza del cuore che ci consente di non arrenderci alle prove, alle difficoltà, alle minacce della vita, di cui tutti possiamo essere vittime, ma di saperle vivere vincendole. Bisogna riscoprire, con S. Barbara, questo valore della resilienza che ci fa vivere la virtù della fortezza. Non si combatte il male aggredendolo, ma vincendolo seminandovi dentro il bene.”
Un passaggio poi particolarmente importante, in una cittadina in cui di recente oscure minacce hanno colpito anche l’impegno delle autorità civili e della giovane Sindaca in particolare:
“A volte i deboli si arroccano dietro il potere: il potere politico, il potere economico, il potere della calunnia o il potere della mafia. Sono uomini deboli, indegni della loro umanità. Dinanzi a questi deboli bisogna mostrarci forti, forti non solo di quella resistenza che mai cede alla resa, ma forti nella fede di una speranza crocifissa, che fa della resilienza la capacità di risalita, la capacità di vittoria. Perché solo i forti sanno vincere le avversità”.