Papa Francesco, appello all’Islam: “Mai più violenza in nome di Dio”

“Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace”. Papa Francesco ha concluso con questa citazione di Santa Teresa di Calcutta, la sua omelia durante la Messa nella Chiesa dell’Immacolata, nel Centro salesiano della capitale dell’Azerbaijan, Baku, dove è giunto questa mattina dalla Georgia.

“Dio cambia il mondo cambiando i nostri cuori, e questo non può farlo senza di noi”, ha affermato il Pontefice, sottolineando poi che nella fede non può esservi però passività, semplice attesa del dono divino: “La fede, che è un dono di Dio e va sempre chiesta, va anche coltivata da parte nostra. Non è una forza magica che scende dal cielo, non è una ‘dote’ che si riceve una volta per sempre, e nemmeno un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita”.

“Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro”, ha poi sottolineato Papa Bergoglio tracciando poi una similitudine tra la trama e l’ordito di un tappeto e la vita cristiana che “va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando tra loro una trama e un ordito ben definiti: la trama della fede e l’ordito del servizio. Quando alla fede si annoda il servizio, il cuore si mantiene aperto e giovane, e si dilata nel fare il bene. Allora la fede, come dice Gesù nel Vangelo, diventa potente, fa meraviglie.”

Per il Pontefice il servizio è disponibilità totale, senza calcoli e senza utili, e non si serve “solo per avere una ricompensa, ma per imitare Dio, fattosi servo per nostro amore. E non siamo chiamati a servire ogni tanto, ma a vivere servendo. Il servizio è allora uno stile di vita, anzi riassume in sé tutto lo stile di vita cristiano: servire Dio nell’adorazione e nella preghiera; essere aperti e disponibili; amare concretamente il prossimo; adoperarsi con slancio per il bene comune”.

Il Papa ha infine messo in guardia da due tentazioni che “allontanano dallo stile del servizio e finiscono per rendere la vita inservibile”, ovvero “lasciare intiepidire il cuore” e “un cuore tiepido si chiude in una vita pigra e soffoca il fuoco dell’amore”, e poi la tentazione di “pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno. Allora il servizio diventa un mezzo e non un fine, perché il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi”. Da queste due tentazioni il richiamo a Santa Teresa di Calcutta e alla sua definizione di fede che produce amore, servizio, pace.

“No ad atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni religiose, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio”. Questo il monito che Papa Francesco lancia dall’Azerbaigian, durante il discorso ufficiale a Baku davanti al Presidente della Repubblica azero Ilham Heydar Aliyev e ai rappresentanti istituzionali e diplomatici.

Il Pontefice auspica che “tra le diverse componenti della comunità civile e tra gli appartenenti alle differenti confessioni religiose si instaurino rapporti di mutua collaborazione e rispetto. Questo sforzo comune nella costruzione di una armonia tra le differenze – sottolinea – è di particolare significato in questo tempo, perché mostra che è possibile testimoniare le proprie idee e la propria concezione della vita, senza prevaricare i diritti di quanti sono portatori di altre concezioni o visioni”.

Per il Papa, “ogni appartenenza etnica o ideologica, come ogni autentico cammino religioso, non può che escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni religiose, la propria identità o il nome di Dio, per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio”.

“Il Caucaso potrà essere il luogo dove, attraverso il dialogo e il negoziato, le controversie e le divergenze troveranno la loro composizione e il loro superamento, in modo che quest’area, porta tra l’Oriente e l’Occidente, divenga anche una porta aperta verso la pace e un esempio a cui guardare per risolvere antichi e nuovi conflitti”. E’ l’auspicio di Papa Francesco.

Spiega il Pontefice: “Come all’interno dei confini di una Nazione è doveroso promuovere l’armonia tra le sue diverse componenti, così anche tra gli Stati è necessario proseguire con saggezza e coraggio sulla via che conduce al vero progresso e alla libertà dei popoli, aprendo percorsi originali che puntano ad accordi duraturi e alla pace. In tal modo si risparmieranno ai popoli gravi sofferenze e dolorose lacerazioni, difficili da sanare”.

Il Papa esprime “accoratamente” la sua vicinanza “a coloro che hanno dovuto lasciare la loro terra e alle tante persone che soffrono a causa di sanguinosi conflitti”, auspicando che “la comunità internazionale sappia offrire con costanza il suo indispensabile aiuto”. Nel medesimo tempo, “al fine di rendere possibile l’apertura di una fase nuova, aperta a una pace stabile nella regione del Caucaso”, rivolge a tutti l’invito a “non lasciare nulla di intentato per giungere a una soluzione soddisfacente”.

L’appello all’Islam – “Salga il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio!”. E’ l’appello rivolto da Papa Francesco nel discorso rivolto allo sceicco Allahshukur Pashazadeh capo dei musulmani del Caucaso e ai capi religiosi locali della chiesa ortodossa russa e della comunità ebraica.

Sottolinea il Pontefice: “Dio non può essere invocato per interessi di parte e per fini egoistici, non può giustificare alcuna forma di fondamentalismo, imperialismo o colonialismo. Ancora una volta, da questo luogo così significativo, sale il grido accorato: mai più violenza in nome di Dio! Che il suo santo nome sia adorato, non profanato e mercanteggiato dagli odi e dalle contrapposizioni umane”.

“La vera questione del nostro tempo – ammonisce Francesco – non è come portare avanti i nostri interessi, ma quale prospettiva di vita offrire alle generazioni future, come lasciare un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto. Dio e la Storia stessa ci domanderanno se ci siamo spesi oggi per la pace; già ce lo chiedono in modo accorato le giovani generazioni, che sognano un futuro diverso”.

“Nella notte dei conflitti, che stiamo attraversando – osserva il Pontefice – le religioni siano albe di pace, semi di rinascita tra devastazioni di morte, echi di dialogo che risuonano instancabilmente, vie di incontro e di riconciliazione per arrivare anche là, dove i tentativi delle mediazioni ufficiali sembrano non sortire effetti. Le religioni – conclude il Papa – siano veicoli attivi per il superamento delle tragedie del passato e delle tensioni di oggi”.

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