La prima occasione ‘ufficiale’ per discuterne dovrebbe essere in Consiglio dei ministri dell’ Interno che si terrà nel Granducato il 9 e 10 giugno, nonché il successivo Consiglio Esteri, al quale spetterà in compito di preparare i lavori del vertice Ue. A Bruxelles si osserva che dopo il risultato portato a casa dalla Germania con l’accordo fatto con Ankara – e che ha consentito di fatto la chiusura della rotta balcanica – ora sta all’Italia, in prima linea nella rotta mediterranea, assumere una leadership che porti a risultati concreti. Un ruolo che potrà svolgere, si rileva, contando sul forte sostegno di Berlino.
L’Italia chiederà anche che venga aumentata la dotazione – oggi pari a circa 1,8 miliardi – del Trust Fund per l’Africa, lo strumento sul quale fare leva per trovare le necessarie risorse. Il ‘Migration Compact 2.0′ prefigura iniziative che vanno dai rimpatri volontari e non – per i quali si stimano esigenze finanziarie pari a circa 80 milioni di euro – ad azioni di sostegno nei Paesi di origine e transito (dalla Nigeria alla Libia, dall’Etiopia al Senegal) per un importo di circa 140 milioni di euro. Ma intanto occorre affrontare l’emergenza in mare. E da Roma si guarda con fiducia alla possibilità di cooperare con i partner Ue e le agenzie dell’Unione, in primo luogo Frontex, anche sulla questione degli hotspot galleggianti. Il tutto per vincere quella corsa contro il tempo che ha in palio, a fine anno, la sopravvivenza del sistema Schengen per la libera circolazione delle persone. In caso di sconfitta il prezzo da pagare sarà pesante: secondo le ultime previsioni dell’Europarlamento, il costo potrebbe arrivare a circa 230 miliardi l’anno, determinando una flessione del Pil dello 0,14%. (Fonte ansa.it)