Università, dossier Res: disinvestimenti e declino avanza. Sicilia: 1/3 studenti emigra

studenti-universitari1PALERMO – Sarebbe in atto “il piu’ grande disinvestimento nella storia della formazione superiore”. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Res, istituto di ricerca su economia e societa’ in Sicilia (presieduto dall’ex ministro per la Coesione territoriale nel governo Letta Carlo Trigilia), negli ultimi sette anni “l’università italiana si e’ ridotta del 20%”. L’indagine condotta dall’economista dell’Universita’ di Bari Gianfranco Viesti, dal titolo “Universita’ in declino”, e che sara’ presentata giovedi’ a Catania, evidenzia alcuni numeri allarmanti: negli atenei sono spariti studenti, docenti, corsi di studio; il finanziamento pubblico e’ stato tagliato di 1,1 miliardi da Berlusconi-Gelmini-Tremonti che non sono stati mai piu’ rifinanziati. Nei primi sette anni della crisi, inoltre, l’Italia ha investito meno di 7 miliardi nella sua universita’, mentre la Germania 26. L’Italia ha tagliato gli investimenti del 22%, la Germania li ha aumentati del 23%. Se e’ vero che il declino dell’universita’ e’ una questione nazionale, una serie di fenomeni preoccupanti si concentrano maggiormente al Sud, dove si acuiscono le differenze rispetto al Nord del paese. Si tratta, secondo Trigilia e Viesti, di un “nuovo divario”, perche’, a differenza di altri fenomeni economici e sociali, esso prende forma soprattutto a partire dagli anni settanta, con il passaggio dall’universita’ d’elite a quella di massa. I risultati di questa tendenza sono allarmanti: gli studenti immatricolati si sono ridotti di oltre 66mila (-20%); i docenti sono scesi a meno di 52mila (-17%); il personale tecnico amministrativo a 59mila (-18%). La meta’ del calo delle immatricolazioni e’ al sud. Il 30% degli immatricolati meridionali si iscrivono al Centro Nord. In Sicilia ormai quasi un terzo emigra, a fronte di meno di un sesto nel 2003-2004. Ne scaturisce l’immagine di un’universita’ in declino, con un peso e un ruolo fortemente ridimensionati rispetto a quanto accade nel resto dei Paesi avanzati, dove il tema dell’istruzione e della formazione di capitale umano qualificato “e’ sempre piu’ riconosciuto come fattore cruciale per uno sviluppo economico solido e capace di coesione sociale”.

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