Sud: Svimez, fanalino di coda in Europa per competitività

SudROMA – Un Sud sempre meno competitivo rispetto all’Europa, con forti deficit soprattutto nella preparazione tecnologica (37,3 punti rispetto a 50), mercato del lavoro (37,7 contro 50) e qualita’ delle istituzioni (36,6 contro 51,4), ma che svetta per benessere fisico della popolazione (54,3 punti rispetto alla media europea di 49,4). E anche nel settore dell’intermediazione finanziaria e delle consulenze specialistiche Calabria, Sardegna, Molise e Campania registrano performances superiori alla media europea. E’ quanto emerge dallo studio “Divari di competitivita’ tra regioni durante la sovereign debt crisis: il Mezzogiorno tra resistenza e resa”, pubblicato sulla Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della Svimez, edita da Il Mulino.
Lo studio prende in esame gli andamenti della competitivita’ di 255 aree territoriali appartenenti a 27 paesi europei diversi con attenzione a quelli delle regioni meridionali per gli anni 2010-2013, in base a elaborazioni sugli ultimi dati Eurostat. L’analisi e’ stata condotta attraverso un indicatore sintetico composto da 9 sottoindicatori: presenza di infrastrutture di trasporto; benessere fisico della popolazione; accesso al sistema di istruzione superiore e formazione continua; funzionamento del mercato del lavoro; dimensione del mercato interno; preparazione tecnologica; business sophistication (intermediazione finanziaria e consulenze specialistiche); potenziale di innovazione. ( In un’ipotetica scala da 1 a 100, il Sud registra un forte gap nella maggior parte degli indicatori. In particolare, nelle infrastrutture il Sud si e’ fermato nel 2013 a 41,6 (in calo di 4 punti percentuali rispetto al 2010) a fronte del 48 della media Ue e del 50 del Nord Italia; nell’innovazione segue pressapoco lo stesso andamento (nel 2013 in calo, da 43 a 40,6 rispetto a una media Ue di 48,9). Nove punti in meno della media Ue il Sud li registra nel 2013 nell’accesso all’istruzione superiore (40,3 contro 49,6). Va ancora peggio nel campo della preparazione tecnologica (37,3 nel 2013, in calo di 5 punti rispetto ai 42,3 del 2010, ben lontani dai 50,5 della media Ue), dell’efficienza del mercato del lavoro (37,7 al Sud contro una media Ue di 50,4 e di 52,9 al Nord Italia nel 2013) e nella qualita’ delle istituzioni: qui il Sud si ferma nel 2013 a 36,6, in calo rispetto al 2010 (40,3) e distante dalla media Ue di 51,4.
Diverso invece il quadro per la business sophistication, che vola dal 2010 al 2013 da 39,9 a 48,5, un dato leggermente superiore alla media Ue (47,3) ma comunque inferiore al 51,7 del Nord. Unico potenziale fattore di competitivita’ in cui il Mezzogiorno svetta rispetto alla media Ue e’ il benessere fisico della popolazione: nel 2013 e’ leggermente calato, passando dai 55,8 del 2010 ai 54,3 del 2013, ma resta ben cinque punti in piu’ della media Ue ferma a 49,4. Piu’ nello specifico, e’ stato possibile scorporare per indicatore le dinamiche di tutte le regioni italiane, sia meridionali che settentrionali, ponendole in relazione alla media Ue. Se le regioni meridionali registrano performances inferiori alle regioni del Centro-Nord e della media Ue per molti indicatori, va rilevata l’eccezione della business sophistication, in cui la Calabria segna una performance decisamente superiore alla media Ue, seguita dalla Sardegna, Sicilia, e Puglia. Inoltre, tra le regioni del Sud vanno segnalate la buona performances della Sardegna, seconda in Italia solo a Trento per infrastrutture, e al quarto posto per preparazione tecnologica della popolazione; il buon posizionamento del Molise, quinto in Italia per il benessere fisico dei residenti, secondo per dimensione del mercato interno e terzo per l’accesso all’istruzione superiore.
“Nessuna di queste eccezioni”, si legge nello studio, “e’ tale da garantire un significativo miglioramento della competitivita’ di queste regioni, che rimangono tutte nel club delle maggiormente svantaggiate. Nel complesso le analisi condotte restituiscono l’idea di una crisi di competitivita’ che contribuisce ad aggravare il divario interno e alimenta la marginalizzazione del Paese rispetto all’Europa. I dati suscitano particolare preoccupazione perche’ suggeriscono il rischio di ulteriore arretramento delle economie del Mezzogiorno negli anni a venire”.

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