Rassegna stampa. Referendum sulle Città metropolitane, tutto azzerato: le norme bocciate all’Ars

imagePALERMO. I cittadini erano stati chiamati a votare in un referendum dal sapore rivoluzionario. Dovevano decidere, i cittadini, se lasciare (amministrativamente) la Provincia in cui per secoli il loro Comune si era trovato e transitare verso le Città metropolitane, sulla carta più ricche. E avevano deciso, i cittadini, di cambiare.

Fu così che un anno fa Gela, Piazza Armerina e Niscemi avevano avviato le pratiche per passare da Caltanissetta ed Enna alla Città Metropolitana di Catania. Mentre Licodia Eubea doveva passare al Libero Consorzio di Ragusa. Poi però la legge è cambiata, una delle tante modifiche dettate dal lungo iter della riforma delle Province. E si è scoperto che le nuove norme non permettono più che il cambio solo sulla base di un referendum. Serve una legge dell’Ars.

E questa legge era pronta. Per la precisione, quattro leggi per ognuno dei Comuni che intendeva cambiare Provincia. Solo che queste norme ieri sono state tutte bocciate in commissione all’Ars. E del cambio non se ne fa più niente. Ogni Comune resta dove è sempre stato.

La notizia ha scatenato la protesta dei grillini: «Un enorme abuso, tradita la volontà popolare espressa col referendum di luglio. È stato inferto un nuovo colpo mortale alla democrazia» hanno commentato Matteo Mangiacavallo e Francesco Cappello. Solo i 5 Stelle hanno votato contro la bocciatura delle 4 leggi. «È vergognoso – affermano Mangiacavallo e Cappello – la commissione ha fatto un enorme abuso. Questo referendum ha avuto un costo. Chi ha bocciato le leggi ora dovrebbe risarcire i Comuni dalla spese sostenute».

Col senno di poi, risultano inutili le battaglie fatte nei vari paesi. Lo stesso presidente Crocetta si era molto battuto per assicurare questa chance e in tanti ricordano che uno dei temi sul tappeto in occasione del voto della prima riforma delle Province era proprio quello legato a Gela, che il presidente sperava potesse addirittura diventare un Libero Consorzio autonomo.

Ma Totò Cascio, presidente della commissione Affari Istituzionali dell’Ars, difende la decisione di non portare avanti i disegni di legge: «Le varie modifiche alla riforma delle Province hanno cambiato la situazione rispetto a quando furono votati i referendum. Ma il punto principale è un altro. Non basta la volontà di cambiare Provincia, serve anche un quadro completo dei debiti maturati quando si faceva parte del vecchio ente e che restano in capo ai 4 Comuni. Questi debiti dovrebbero essere caricati sulla Città Metropolitana che li ”adotta”. E lo stesso deve farsi per il personale: ogni Comune che lascia la Provincia ha in proporzione una quota di personale del vecchio ente. Se non conosciamo questa quota, non possiamo trasferire i costi. E così si rischia di far fallire i vecchi enti, che resterebbero sovraccarichi di debiti e personale a vantaggio delle nuove Città Metropolitane».

Insomma, un caos. Con l’unica certezza che a distanza di oltre un anno dai referendum si torna al punto di partenza. E così i Liberi Consorzi coincideranno esattamente con i confini geografici e con i Comuni delle vecchie Province. E le Città Metropolitane saranno identiche alle vecchie Province di Palermo, Catania e Messina.
(Giacinto Pipitone – Gds.it)

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  • Dimenticavo, tornerò sempre a ricordare i motivi della concessione dello statuto (emesso addirittura prima della Costituzione) e di quali indicibili accordi sia stato frutto: vantaggi a favore dei soliti noti, svantaggi guardiamo come siamo ridotti in Sicilia. Al confronto, la "trattativa", se c'è stata e chi siano veramente stati i protagonisti, è un accordo tra bottegai da strata a foglia (con tutto il rispetto per questi ultimi)........ meditate.....

  • Se riflettiamo un attimo, cosa significa passare da una città capoluogo di provincia ad una metropolitana (distante quanto ed oltre il vecchio capoluogo), poi che realtà sono queste veramente? Referendum, studi per calcolare i debiti, gruppi di lavoro..... Tutte cose che la nostra Regione, grazie allo Statuto, ha realizzato, facendo ingrassare i soliti noti. Iniziamo dal realizzabile, aboliamo lo statuto e dimezziamo i consiglieri (che non si chiameranno più onorevoli), si abolirà così anche il commissario di governo (organo che anch'esso ha i suoi pagati dipendenti); poi aboliamo le province, come da programma, così aboliremo i consigli provinciali (e tutto il galoppinismo elettorale che vediamo ad ogni elezione intorno ai seggi) e gli assessorati. Si rinforzino con i personali dipendenti i comuni, che dipenderanno dalla regione, i ben pagati dirigenti provinciali si porteranno a Palermo, alla Regione, a gestire, e stavolta veramente, strade, scuole ed il resto (se poi non vorranno andarci, a casa, tanto a Palermo di dirigenti ce ne sono abbastanza). Il governatore, in questo modo, dovrà veramente gestire il tutto. Si potrà estenderne il mandato anche a 6 o 7 anni e poi per forza a casa, così dovrà gestire senza il pensiero di accattivarsi questo o quello per essere rieletto. Tanto le province, si parlava di abolirle no? quanti risparmi si avranno togliendo questi carrozzoni simbolo di interessi e portaborse? Poi per fare un po di cassa i comuni potrebbero vendere i propri patrimoni, immobiliari e non ed anche i sindaci (con consigli comunali da non più di 20 elementi) durerebbero non più di 6 7 anni. Tutti i candidati ed i dirigenti presenteranno polizza fideiussoria a garanzia del loro operato tale che, quando qualche TAR o Giudice Civile condannerà un ente per qualche atto illegittimo (andate a dare una occhiata a certe sentenze), sapremo come e su cui rivalerci. Gradirei una opinione da parte vostra

  • i cambiamenti terrorizzano chi manovra le cose secondo il prorio ... interesse.
    La mentalità è che nessuno amministra secondo i bisogni della comunità ma dei propri!!!

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