CALTANISSETTA – Una delle immagini più efficaci sui tragici bombardamenti del ’43 a Caltanissetta ci è data dalle pagine di Max Polo, riportate in un’antologia collettanea su fatti ed episodi della seconda guerra mondiale. In particolare sulla pioggia di bombe cadute sulla città il 9 luglio egli scrive di una Caltanissetta avvolta nel fumo, dove la gente fugge impazzita, dove si sentono ovunque grida di terrore, appelli disperati di mamme che cercano i loro figli dispersi, di lamenti accorati di feriti, assieme ai pianti convulsi dei bambini che vagano tra le macerie. Nel terrore che altre bombe possano cadere dall’alto si vedono scene selvagge davanti ai rifugi antiaerei, dove la gente terrorizzata cerca di aprirsi dei varchi di passaggio. Così ci descrive lo scrittore le vie della città in quelle ore: “Lungo le strade, cadaveri accanto a carogne di animali. Sul petto di una donna, squarciato da una scheggia, piange convulsamente un bambino. Accanto, volantini alla rinfusa, gettati non si sa se prima, durante o dopo il massacro: ‘Siciliani, l’ora della liberazione è vicina…’. Dopo aver sganciato il loro carico di morte e ‘liberato’ alcune decine di uomini, donne e fanciulli gli aerei se ne tornano. Strada facendo, mitragliano alcuni automezzi che si trovano abbandonati da militari tedeschi in fuga”. Ricordiamo che i bombardamenti di Caltanissetta provocarono la morte di circa 350 civili.
Ma la ferita inferta alla città, in quella pioggia di bombe – che si protrasse dal 9 al 18 luglio, data dell’ingresso degli americani in città – fu anche quella data ai suoi beni artistici e architettonici, tra essi il palazzo Cascino, attiguo alla cattedrale, completamente distrutto. La stessa cattedrale subì danni assai rilevanti a partire dal tetto, con la distruzione di una consistente parte della navata centrale e – come ci ricorda W. Guttadauria nel sul libro sui bombardamenti alleati a Caltanissetta – di alcuni affreschi del Borremans (“Il coro dei vergini e delle vergini” e “Il trionfo della Religione”, poi rifatti dall’Arduino). In una successiva visita a Caltanissetta, il 19 novembre di quello stesso anno, il ten. coll. Charles Poletti, capo degli Affari Civili in Sicilia sotto l’amministrazione alleata, si era recato proprio nella cattedrale per constatarne personalmente i danni e decretare lo stanziamento della somma di 500 mila lire.
Sorte peggiore era toccata invece alla chiesa di Santa Lucia, completamente abbattuta sotto le bombe – come d’altronde quasi l’intero quartiere – e poi ricostruita nel dopoguerra. Ma, vanno anche ricordati i gravi danni inferti al teatro regina Margherita. Realizzato negli anni settanta dell’Ottocento, dove anticamente era costruita la chiesa di San Giacomo, presenta un’architettura neoclassica, con quattro ordini di palchi e con decorazioni baroccheggianti. Seppur di piccole dimensioni, rappresentava per la città, già da allora, un vero e proprio “gioiellino” architettonico. Esso, durante le incursioni aeree del 1943, oltre ad essere stato in parte danneggiato, aveva subito anche gravi atti di sciacallaggio e saccheggio da parte della popolazione. Ne era stato asportato gran parte del mobilio: sedie, poltroncine, tendaggi, specchi ecc., che ne costituivano l’elegante arredo ottocentesco. I danni riguardavano anche la parte dell’immobile adiacente la sala del consiglio comunale. Nel 1944 era stata fatta una prima stima dei danni, che venivano fatti ammontare a diversi milioni di lire; spesa che il Comune, proprietario dell’immobile, in quella fase non aveva. I lavori di restauro venivano dunque rimandati (e così negli anni successivi), per essere ripresi solo agli inizi degli anni ‘70, con definitiva riapertura al pubblico nel 1997.
Ma, per tornare alla gravosa questione degli immobili e delle opere d’arte danneggiate dai bombardamenti anglo-americani – particolarmente gravi in Sicilia – durante la stessa presenza alleata (1943-44) i comandi dell’AMGOT avevano dovuto affrontare la gravosa questione prendendo alcuni provvedimenti. Il problema si presentava grave e complesso. Uno specifico incarico veniva affidato al tenente statunitense Cott., già condirettore del museo d’arte di Worcee nel Massachussetts, incaricato di sovraintendere ai monumenti e opere d’arte danneggiate. La prima questione che si poneva era quella di proteggere le opere compromesse, ma anche di difenderle da eventuali rapine da parte della popolazione. Vi era poi la questione attinente i restauri degli immobili e opere di interesse storico; dipinti di pregio in testa. A Palermo, per fare un solo esempio, da palazzo Sclafani era stato rimosso il grande dipinto de “Il trionfo della morte”, vacillante in uno dei muri del cortile dello storico immobile bombardato, che correva il serio rischio di crollo. L’importante opera – oggi custodita presso la galleria regionale d’arte di palazzo Abatellis a Palermo – aveva dovuto essere, con un’operazione delicatissima, accuratamente rimossa e rimontata in luogo più sicuro; trattandosi di affresco di grandi dimensioni.
Oltre agli edifici e opere d’arte vi era l’altrettanto importante problema degli archivi storici e delle biblioteche. Era stato effettuato, sempre nel ’44, il trasporto della Biblioteca nazionale di Palermo dalla sua sede, danneggiata dalle bombe, ad altra più idonea, munendola di scaffali e riaprendola al pubblico. Un fatto sconcertante riguardò invece in quel frangente alcuni preziosissimi manoscritti, rubati da diversi archivi pubblici della città, che furono rinvenuti da soldati alleati al mercato della carta straccia. Si dovette, a quel punto, su disposizione dell’AMGOT, mettere militari a guardia degli immobili dove si trovavano quei beni documentari, per porre fine a simili saccheggi.
Nella fase immediatamente successiva, autorevoli esponenti del mondo dell’arte inglesi e americani furono chiamati al seguito degli Alleati, per far parte di una apposita commissione (Commissione Alleata di Controll), che nominò una sottocommissione per l’amministrazione di tutte le opere d’arte della Sicilia e dell’Italia meridionale. Il lavoro fu svolto con la collaborazione delle soprintendenze alle arti, le direzioni delle biblioteche e degli archivi storici dello Stato, finché la situazione non tornò alla normalità.