L’impressione generale è che uno dei maggiori responsabili sia il cosiddetto calcestruzzo depotenziato, ossia un calcestruzzo con resistenza a compressione inferiore a quello prescritto negli elaborati strutturali e che discende dai calcoli statici. Il depotenziamento avviene in forma progressiva nel tempo, specialmente se negli inerti che lo compongono sono contenuti, in quantità eccessiva, nitrati, solfati e cloruri, in abbondanza presenti nelle nostre cave fortunatamente oggi chiuse.
Come è noto agli addetti ai lavori, le procedure per il prelievo dei provini di calcestruzzo sono ben definite dal vigente D.M. del 14/01/2008, che tratta appunto dei “Controlli sul calcestruzzo”. Di rilevante importanza sono le prescrizioni, ove è testualmente detto che ” il prelievo dei provini per il controllo di accettazione va eseguito alla presenza del direttore dei lavori o di un tecnico di sua fiducia. Il direttore dei lavori dovrà inoltre curare, mediante sigle, etichettature indelebili, ecc. che i provini inviati per le prove ai Laboratori Ufficiali siano effettivamente quelli prelevati alla presenza sua o del tecnico di sua fiducia. La domanda di prove al Laboratorio Ufficiale dovrà essere sottoscritta dal Direttore dei Lavori e dovrà contenere precise indicazioni sulla posizione delle strutture interessate da ciascun prelievo”. Purtroppo l’ Italia non è un paese a norma… è un paese che trova il modo di eludere le norme. Le norme dovrebbero dare sufficienti garanzie per la qualità del calcestruzzo, ma a giudicare da quello che si sta verificando in diverse zone della città e dintorni, è evidente che qualcosa non quadra, visto che la quasi totalità dei certificati rilasciati dai laboratori ufficiali forniscono valori di resistenza compatibili con i valori di progetto. C’è da pensare che i provini portati in laboratorio per le verifiche possano essere truccati, ma questa è un’altra storia. E’ certo comunque che una buona percentuale di strutture in cemento armato, facenti parte di opere pubbliche e private, realizzate nella nostra città a partire dagli anni 50 fino ai nostri giorni possano dare risultati negativi. In funzione degli inerti utilizzati (sabbia, pietrisco e acqua) si può ipotizzare che i risultati delle verifiche di laboratorio darebbero percentuali di resistenza inferiori al 40% di quella prevista in progetto ( 18 N/mm2 invece di 30N/mm2).
A mio modesto avviso penso che, per superare i problemi legati alla qualità del calcestruzzo, basterebbe imporre, per legge, l’obbligatorietà della effettuazione di piccoli “carotaggi ” sulle strutture in opera, che renderebbero di fatto superfui gli odierni controlli preventivi. La resistenza finale in opera del calcestruzzo non dipende, infatti, solo dalla quantità, qualità e miscela degli inerti, ma anche dalle modalità di posa in opera, dalla costipazione del getto e dalla sua maturazione, nonché delle condizioni ambientali (temperatura, umidità, etc). Di sicuro l’attenzione, nella fase esecutiva delle strutture, da parte della direzione dei lavori e dell’impresa, aumenterebbe di molto, per il semplice fatto che, nel caso di risultati non accettabili, si correrebbe il rischio di dovere demolire le strutture fino a quel momento realizzate.
Detto questo, non bisogna sempre puntare il dito contro i produttori di calcestruzzo, le responsabilità sono anche dei direttori dei lavori che molto spesso non sono mai presenti in cantiere durante i getti e che comunque non danno precise informazioni sulla tipologia di calcestruzzo da miscelare, per esempio aggiungere fluidificanti in proporzione invece di acqua che è dannosa perché diminuisce di molto la resistenza.
Comunque oggi non è più necessario ricorrere ai carotaggi in situ; con i moderni mezzi è possibile scandagliare la costruzione anche se essa è già finita, ovvero con gli intonaci e le coloriture. Basta utilizzare gli ultrasuoni che è una tecnica all’avanguardia e da risultati molto precisi senza alcun danno per le strutture.
Faccio presente che la presente nota, redatta in funzione di esperienze da me vissute, è informativa e non vuole dare insegnamenti ad alcuno, in particolare a quei tecnici che sanno fare bene il loro mestiere, e oggi ce ne sono tanti.
Angelo Sole
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Caro Sig. SOLE.
Lei si sbaglia di grosso. In virtù della Sua esperienza dovrebbe BEN sapere a chi puntare il dito.
La colpa è delle imprese.
Sono loro che devono risparmiare e lucrare e le garantisco che utilizzano tutti i mezzi (leciti e illeciti) pur di trarre il profitto.
Luigi, Lei, in parte, mi sta dando proprio ragione! Grazie