Le prime luci di domenica mattina. Le saracinesche dei bar sono già arrotolate in attesa dei clienti per i primi caffè, il suono delle campane della Chiesa Madre interrompe il silenzio della città che ancora sonnecchia mentre i netturbini svuotano i contenitori (di plastica e carta) di Corso della Repubblica dove sono visibili, lungo il suo pavimento, i disegni con i gessi colorati realizzati dagli alunni delle Scuole Medie e Superiori di Ravanusa e Canicattì durante la kermesse sull’arte in piazza del giorno prima. Poco distante piazza I° Maggio dove si impone la Chiesa eretta in onore di “San Giacomo” la cui porta centrale è appena aperta dalle Suore Salesiane, che dimorano nell’edifico attiguo, incuriosite dall’improvviso arrivo dell’agricoltore con il fuoristrada danneggiato al seguito. Infatti con un altro mezzo è qui nella piazza che con carrello, catene, tutori metallici e ganci da traino decide di portare la sua “Pajero” blu mentre alcuni anziani si apprestano a salire la scalinata diretti verso l’ingresso della parrocchia .
E fin qui nulla di nuovo, perché Franco, come lo chiamano tutti, a Ravanusa e Campobello in questi anni ha già conquistato a suo modo una discreta fetta di popolarità. Ma la curiosità è l’“incursione” con la sua auto danneggiata che cattura subito l’attenzione di Suore e fedeli. Loro conoscono bene Franco. E’ un attivo parrocchiano, una delle voci del Coro Polifonico di “San Giacomo”. Sottovoce lo definiscono “personaggio” silenzioso e altruista ma consapevolmente egocèntrico. Il fuoristrada al centro della piazza è accompagnato da commenti con toni dispiaciuti per quei due strani incendi che a Ravanusa, tra lo stupore generale, nessuno è riuscito a spiegarsi. Nella copia della denuncia ai Carabinieri, esposta sulle lamiere dell’auto, sono evidenziate le generalità di padre e figlio, indicati come presunti autori degli atti intimidatori. Sono i nomi di Francesco e Vito Montana di Ravanusa, anch’essi agricoltori, che nel frattempo si sono affidati ad un legale per respingere le accuse contro ogni responsabilità circa gli incendi, del 9 e del 17 aprile, scoppiati all’interno di uno spazio delimitato da un cancello dove erano custoditi i mezzi, più precisamente in Via San Francesco nei pressi dell’incrocio con Via Galileo Galilei a un tiro di schioppo dall’abitazione che il 49enne divide con gli anziani genitori ormai ammalati.
“Ho subito minacce verbali dai Montana affinché rinunciassi al terreno e quindi a coltivare i quasi 12 tumoli in contrada ‘Brigaddeci’. In buona sostanza è questa la ragione per cui i mio trattore e la mia auto sono stati dati alle fiamme”. E’ così che sintetizza, senza giri di parole, la sua versione dei fatti. La vicenda ha inizio nel settembre scorso. Il proprietario del fondo agricolo Vito Scibetta, pensionato ottantenne anche lui ravanusano, affida la coltivazione del suo terreno a Catania: il contratto, le firme, la registrazione e 400 euro annui pattuiti. Ma proprio sul quei 12 tumoli è già in corso una trattativa che va avanti da tempo. I Montana, che da diversi anni si occupano della coltivazione del terreno stesso, avevano da tempo avviato le trattative per acquistarlo e, pare, successivamente pagato al proprietario una parte del valore dell’immobile a titolo di caparra. Ma i rapporti si inaspriscono e il successivo atto di trasferimento della proprietà non viene sottoscritto.
“Il contratto stipulato con il proprietario mi permette di occuparmi della coltivazione – dice Catania – quindi ho provveduto ai trattamenti del suolo contro le piante dannose. Quando in autunno i Montana iniziano i lavori per la nuova semina del grano sorgono i primi problemi a causa dei risentimenti che via via si accentuano sempre di più nei miei confronti. Sono stato verbalmente minacciato perché interrompessi qualsiasi attività agricola sul fondo di Scibetta ”. La notte del 9 aprile l’amara sorpresa. Il trattore in fiamme, l’intervento del Vigili del fuoco e la denuncia contro i Montana. Trascorsa una settimana ancora un altro incendio, così Franco, l’agricoltore-podista con la passione per Dante, mostra il suo Mitsubishi “Pajero” al centro della piazza. Un atto per ribadire che la vicenda non è legata a ritorsioni della criminalità locale e spiegare quanto già denunciato ai Carabinieri. (articolo scritto da Silvio D’Auria )