Le riflessioni di Richelieu: “Spingere la Vara è la governance!”

vare Caltanissetta 2012 settimana santa (491)CALTANISSETTA – “Spingere la Vara”: non tutti possono farlo. E’ un sapere antico, quello dei portatori dei gruppi sacri, ognuno dei quali legato ad una Vara, conoscitore del suo peso e dei suoi punti di oscillazione, capace di coordinarsi con gli altri per calibrarne gli spostamenti che ne potenziano la velocità, la orientano, gli scarti che la frenano, a seconda dell’andamento del suolo delle strade nissene, quasi mai pianeggianti.

Il capolavoro di questa prossemica dell’antropologia culturale nissena è  la salita di via XX Settembre, ripida ed insidiosa per le forze che ne determinano le dinamiche di retrocessione, se non si riesce ad esprimere una spinta massima nella sua uniformità, senza strappi, senza fughe in avanti, convergendo insieme, le intelligenze e i muscoli di decine di portatori, a muovere i simulacri come se camminassero, visibili al di sopra dell’altezza degli uomini, come se fossero mossi dal fiume della storia.

La vicenda dell’Ultima Cena all’Expo è una metafora di segno contrario: il Mahatma lancia sui giornali l’idea di portare la Vara più grande e solenne del Giovedì Santo nisseno all’Expo di Milano, e annuncia di attendere soltanto l’ok di Curia e Sovrintendenza BB.CC. per passare alla fase operativa.

Piccolo particolare, lui, il Mahatma di Magonza, ideologo e leader maximo della democrazia partecipata, dimentica di coinvolgere, preventivamente all’annuncio, i Panificatori nisseni, detentori del sacro gruppo e curatori da oltre un secolo di tutte le sue uscite (finora, oltre al Giovedì Santo, soltanto per la Via Crucis con le Vare guidata dal Vescovo).

E i Panificatori fanno subito sapere che di portare l’Ultima Cena a Milano non se parla nemmeno. Non approfondiamo i motivi, non è questa la sede, ma vogliamo fare qualche considerazione metodologica.

Quando si guida una Città (o se ne ha il desiderio, la legittimità o la presunzione) non basta prendere al volo qualche idea, e lanciarla ad effetto sui mass media, senza averla prima elaborata coinvolgendo tutti i soggetti  interessati, condividendo con loro l’analisi dei passaggi e degli obiettivi, approfondendone insieme la conoscenza e sviluppando tutte le possibili soluzioni.

Non basta pensare di avere uno sponsor (e magari imbandirne i prodotti sulla mensa eucaristica  pensando di essere ad una conviviale del Rotary Club), non basta lanciare qualche segnale ad alcune istituzioni che si presume interessate e non coinvolgere la base sociale ampia di una manifestazione  fondante dell’identità collettiva dei nisseni come le Vare del Giovedì Santo.

I Gruppi sacri sono nati per rappresentare pubblicamente e nel momento più solenne dell’anno il desiderio di identificazione collettiva del popolo lavoratore della Città. Artigiani, operai delle zolfare, imprenditori piccoli e grandi hanno scelto, alla fine dell’800, nella fase del massimo sviluppo di Caltanissetta, di condividere un momento della Passione di Cristo, rappresentarlo plasticamente con i materiali poveri della cartapesta, costruire un percorso di sedici tappe (dall’Ultima Cena all’Addolorata) che si snodasse per le strade del centro storico nella notte che precede il Venerdì Santo, facendo di una memoria sacra anche una festa di condivisione, una sorta di funerale laico di Nostro Signore, prima di quello mistico e profondamente spirituale del Cristo Nero.

L’Ultima Cena riprende il grande e misterioso affresco di Leonardo che proprio a Milano si trova, e potrebbe essere  significativo che fosse presente all’Expo, come simbolo di un cibo non materiale, che, insieme al lavoro di chi il cibo produce, identifica la dignità e la maestà di tutti i popoli, proprio di quelli ai quali l’Expo si rivolge, in tutti i continenti del mondo, con il suo tema “nutriamo il pianeta”.

Per non banalizzare un progetto di questo respiro, per non ridurlo a mera promozione turistica, sarebbe stata necessaria una maggiore intelligenza politica, oltre che garbo istituzionale e rispetto per i soggetti.

Non si costruisce sviluppo senza ricostruire, ritessere in ogni fibra, il legame sociale che può mettere insieme tutte le energie positive del nostro territorio. Senza inseguire prima il “lancio” mediatico o la primogenitura, come si potrebbe fare in qualunque paesino.

Il marketing territoriale, nell’epoca della globalizzazione, non è promozione pubblicitaria, ma è una delle strategie più complesse dell’economia contemporanea, specialmente dell’economia dei beni immateriali, unica prospettiva vincente in un territorio come il nostro, come da tempo, ormai, da più parti si proclama.

Ma occorre sapere progettare, programmare e produrre strategie operative efficaci, elaborate con la partecipazione più capillare possibile, che non significa rinunciare alla “governance”, ma non scambiare la “governance” per decisione centralizzata e quindi burocratica, anche se spolverata di carisma profetico.

Il modello della governance che funziona, quella per esempio delle politiche pubbliche che hanno portato gli Stati Uniti fuori dalla crisi in pochi anni, non a caso si definisce “city is a growth machine” (la città è un apparato di sviluppo), in cui il coinvolgimento attivo dei soggetti economici e politici del territorio qualifica la densità istituzionale che costruisce il consenso e la compartecipazione efficace.

I processi decisionali di organizzazione e sviluppo  devono attraversare in profondità tutte le reti di interessi che agiscono sul territorio. Con l’umiltà e la determinazione di chi sa di avere bisogno di tutti. E prima della formazione delle decisioni. Figuriamoci poi anche prima della comunicazione mediatica delle stesse.

Altrimenti, con tutta la buona volontà, non si supera la soglia dei “dilettanti allo sbaraglio”. E infatti finora, alle performance del nostro Mahatma, non abbiamo sentito “suonare le campane”!

Richelieu

View Comments

  • Chiamato in causa mi materializzo.
    Dai luoghi dell'Expo da cui scrivo sottolineo il fatto che mostrare la Vara a milioni dico milioni e risottolineo milioni di visitatori paganti e consensienti avrebbe dato visibilità planetaria alla città di Caltanissetta. Dai mega store di Shanghai ai luccicanti palazzi di New York, i visitatori avrebbero raccontato agli ami di quell'urna magica e mistica.

    Ma forse sono meglio i 569 svogliati partecipanti alla Settimana Santa.
    Altri amministratori avrebbero portato la Vara a piedi fino a Milano.

  • Non c’è dubbio che la lettera è una lezioncina di buona politica, di marketing e di animazione territoriale che tra l’altro condivido in toto (ma chi non lo farebbe).
    Quello che manca, però, o quello che mi sarei aspettato da un uomo colto ed intelligente è una “chiusura” diversa, una “chiusura” comunque e nonostante tutto, propositiva, nell’unico interesse della città.
    Avere la forza di guardare avanti nonostante tutto, è sintomo, questo si, di cultura, libertà intellettuale e terzietà rispetto a chi amministra un bene comune e lo fa anche male.
    La sola espressione di un giudizio critico è invece sintomo di una voglia di contrapposizione strumentale , roba da talk show politico e non certo da dibattito costruttivo per una comunità.
    Allora, assodati gli errori del Sindaco nella gestione della buona idea, e bacchettato a dovere, bisognava aggiungere : “ora sedetevi attorno ad un tavolo e programmate il viaggio dell’utima cena a Milano in piena sinergia e facendo fronte comune per cercare di non perdere questa occasione più unica che rara!!!!!” (già 7.000.000 ,dico settemilioni, di bglietti venduti!!!!!)
    Perchè senza una conclusione del genere tutto il resto diventa poco credibile ancorandosi in una tanto banale quanto inutile polemica, questa si davvero da piccolo paese di provincia.
    Vorrei concludere con una lezioncina comportamentale che ritengo utile per tutti:
    In una azienda, cosi come in una famiglia ogni componente della stessa può avere due atteggiamenti denominati: 1) esternability; 2) internability.
    Il primo è quello visto sino ad ora e cioè quello che banalmente ci porta sempre a dire: è colpa di quello, è colpa dell’altro, io che ci posso fare;
    Il secondo invece è qello che dovrebbe portarci a dire: ma io ho fatto veramente tutto quanto era nelle mie possibilità ed anche oltre, per risolvere il problema, per sanare un rapporto, per raggiungere un obbiettivo??
    Non v’è dubbio che il secondo atteggiamento , internability, è quello che ognuno di noi dovrebbe tenere, anche quando ci si trova d’innanzi a soggetti esternability.
    Proviamo a fare questo esercizio e forse tutto andrà meglio!!
    Soprattutto ci provino anche gli adulatori del “Cardinale” che altro non sembrano che piccoli soldatini accondiscendenti e molto banalmente, loro si, radical chic!
    Un saluto

  • per la seconda volta ho inserito un commento e per la seconda volta è stato "censurato" .
    Forse perchè mi ero permesso di fare alcuni appunti sul pezzo del "cardinale"??
    Complimenti alla redazione!!!!!!
    P.S. Vediamo se questo compare...

  • La vara cammina e si ferma con due semplici comandi Isa (segno di partenza) e Posa (segno di stazionamento)
    Mi sembra che il Mahatma abbia detto Isa, ma che i Panificatori abbiano detto Posa

  • Tutti spingono la Vara, ma la Vara sta ferma. Immobile. E' un incubo. Una condanna. Meritata.

  • Non c'è dubbio che la lettera è una lezioncina di buona politica, di marketing e di animazione territoriale che tra l'altro condivido in toto (ma chi non lo farebbe).
    Quello che manca, però, o quello che mi sarei aspettato da un uomo colto ed intelligente è una "chiusura" diversa, una "chiusura" comunque e nonostante tutto propositiva, nell'unico interesse della città.
    Avere la forza di guardare avanti nonostante tutto, è sintomo, questo si, di cultura, libertà intellettuale e terzietà rispetto a chi amministra un bene comune e lo fa anche male.
    La sola espressione di un giudizio critico è invece sintomo di una voglia di contrapposizione strumentale , roba da talk show politico e non certo da dibattito cotruttivo per una comunità.
    Allora, assodati gli errori del Sindaco nella gestione della buona idea, e bacchettato a dovere, bisognava aggiungere : "ora sedetevi attorno ad un tavolo e programmate il viaggio dell'utima cena a Milano in piena sinergia e facendo fronte comune per cercare di non perdere questa occasione più unica che rara!!!!!" (già 7.000.000 ,dico settemilioni, di bglietti venduti!!!!!)
    Perchè senza una conclusione del genere tutto il resto diventa poco credibile ancorandosi in una tanto banale quanto inutile polemica questa si davvero da piccolo paese di provincia.
    Vorrei concludere con una lezioncina comportamentale che ritengo utile per tutti:
    In una azienda, cosi come in una famiglia ogni componente della stessa può avere due atteggiamenti denominati: 1) esternability; 2) internability.
    Il primo è quello visto sino ad ora e cioè quello che banalmente ci porta sempre a dire: è colpa di quello, è colpa dell'altro, io che ci posso fare;
    Il secondo invece è qello che dovrebbe portarci a dire: ma io ho fatto veramente tutto quanto era nelle mie possibilità ed anche oltre, per risolvere il problema, per sanare un rapporto, per raggiungere un obbiettivo??
    Non v'è dubbio che il secondo atteggiamento , internability, è quello che ognuno di noi dovrebbe tenere, anche davanti a soggetti internability.
    Proviamo a fare questo esercizio e forse tutto andra meglio!!
    Un saluto

  • Senza fare prosopopea e perdermi in filippiche ciceroniane desidererei volgere l'attenzione al fatto che è la città a pagare il prezzo più alto di questa faccenda. Del resto è una città violentata, depauperata e svuotata dei tratti distintivi d'un tempo. Stanno fuggendo in massa da questa fossa centro sicula e rimarranno solo bambini, anziani e immigrati. Che brutto epilogo.
    Le Vare poi sono la metafora della città, per 360 giorni l'anno nel dimenticatoio e per i restanti 5 giorni festa con nani e ballerine, anni luce distanti dal vero sentimento evocativo che rappresentano.
    Ruvolo, il messia tanto atteso, si è rivelato per quello che è sempre stato: inadatto ad amministrare la città ma adatto a convogliare i voti radical chic dei vecchi tromboni Pd e dei giovani marpioni dell'Udc (0,0001% su scala nazionale).
    Che triste epilogo.

  • Spingere la Vara. Ecc.mo, in questa metafora ritrovo la Tua superiorità intellettuale. La prima parte della tua “suite” è evocativa, disincarnata, intrisa di spiritualità. Un ipnotico ed intrigante intreccio, sapientemente controllato di fisica, metafisica, religione e metafora, dove la premessa sembra materializzare un simbolo della cabala. E’ difficile percepire dove sta il confine tra la consueta dimostrazione della Tua meticolosa conoscenza e il viscerale senso di appartenenza alla Tua comunità, frammisto ad un conturbante senso di inadeguatezza a poter mutare il corso delle vicende temporali, Eccelso, che ti assicuro, non turba solo il Tuo di equilibrio.
    Mi sarebbe piaciuto leggere sola la prima metafora. Purtroppo la seconda ci riporta alla nostra algida realtà, dove la religione, la fisica e l’alchimia lasciano il posto ad una laconica e magniloquente mediocrità, accompagnata dall'ineluttabile ed inquietante interrogativo sul perché tutto ciò sia dovuto toccare proprio a noi.
    La risposta ci si mostra come un iceberg che si è staccato dalla banchisa, tanto perfetto quanto irrisolvibile.
    La pena per la nostra insipienza ed ignavia, eccola li Eccelso, l'incarnazione delle nostre debolezze, cui un oscuro e spietato tribunale del contrappasso di dantesco sapore, ci ha inappellabilmente condannato.
    Chi ha l’onore e l'onere di servire una Comunità, non deve essere omniscente, ma conoscente di storia, non digiuno di diritto, praticante di religione, cultore di geografia ed economia.
    In tempi duri come i nostri, saremmo saremmo stati paghi anche solo di un sincero cultore di genuine buone maniere. Nulla di tutto ciò. Solo uno stakanovista praticante di un ricercato, quanto decontestualizzato snobismo di ispirazione tardo dandysta, ormai tanto oggettivamente demodé quanto inadatto a se stesso. Ma in fin dei conti è più di quanto abbiamo voluto meritare. Non ci rimane altro, Eminenza, se non un interminabile periodo di espiazione, dove grazie al Tuo aiuto e le preghiere proveremo a riappartenerci e riconciliarci, coltivando la speranza di una possibilità di redenzione futura.

Condividi