Carlo Sorbetto, le nuove tecnologie

CALTANISSETTA – Da qualche giorno  la parola dell’anno “Selfie” (autoscatto di se stessi) è l’argomento più dibattuto e controverso tra gli amici durante la  passeggiata quotidiana. Chiunque avesse un smartphone o frequenti Facebook probabilmente avrà sentito parlare della parola Selfie. Ci sono molte opinioni discordanti, ed io lo ammetto: sto per dire che non rappresentano la fine della specie umana. Sul serio, i Selfies possono anche essere una cosa positiva. A detta degli esperti dell’Oxford Dictionary, nel 2013 l’utilizzo della parola Selfie è cresciuto del diciassettemila percento, tanto da valergli il titolo di parola più nuova e dirompente. Di cosa si tratta? Quando parliamo di Selfie intendiamo una fotografia fatta a sé stessi, solitamente scattata con un smartphone o una webcam e poi condivisa su un social network. I nostri figli ne sono maestri e artisti: foto appena usciti dall’ascensore, mentre mangiano, quando sono in compagnia, durante lo sport. Foto fatte per immortalare, per fermare l’attimo, per ricordare l’emozione. Soprattutto, foto dell’espressione dei loro volti. I ragazzi nati tra il 1980 e i primi anni 2000, sono spesso criticati perché costantemente assorti nello schermo di un computer o di uno smartphone. I giudizi si fanno ancora più negativi quando si parla di Selfies: si dice che la colpa del fatto che i ragazzi di oggi tendano così spesso a pubblicare i propri autoritratti ricada nei genitori nati dal 1960  al 1980, che hanno nel tempo creato dei piccoli mostri di autostima e autoreferenzialità. Certamente ai genitori delle generazioni odierne è stato insegnato che l’autostima è un valore importante da condividere con i propri figli, ma questo non può essere l’unico motivo alla corsa dell’autoscatto. La verità è che i ragazzi di oggi stanno crescendo in un mondo dove la tecnologia si rinnova con un ritmo incredibilmente alto e soprattutto sta diventando sempre più diffusa. Una volta i nobili si facevano ritrarre nei dipinti: una pratica riservata a pochi facoltosi. Immaginate se avessero avuto a disposizione uno smartphone! La verità è che i ragazzi di oggi si fanno tante foto e le condividono perché ciò non è stato mai così semplice e alla portata di tutti. Eppure noi genitori non comprendiamo questo fenomeno appieno. Il motivo per cui non ne condividiamo la mania è duplice. Tanto per cominciare abbiamo un concetto di privacy molto diverso e per definizione  non siamo quindi propensi ad alimentare questo stillicidio di narcisismo in pubblico. Inoltre, siamo cresciuti in un mondo dove se c’era qualcuno che ci piaceva dovevamo aspettare di vederlo dal vivo : non avevamo accesso alle sue immagini come e quando volevamo. Allora non c’era la tecnologia per farlo, ma è proprio questo il punto: non era previsto, neanche nella sfera dell’immaginario. In poche parole, non è cosa nostra. D’altra parte è pienamente cosa loro.

 Carlo Sorbetto

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  • Ma di Telethon che nel 2014 continua a torturare inutilmente gli animali non umani e raccoglie soldi per una ricerca eticamente e scientificamente errata, ne vogliamo parlare? Grazie.

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