Vigliacchi e Bamboccioni

C_4_articolo_2006206_upiImageppCari commentatori anonimi del Fatto nisseno, siete un po’ vigliacchi. Ve lo dico bonariamente e, com’è mio costume, mettendoci faccia nome e cognome. Perciò mi assumo, a differenza vostra, la responsabilità di ciò che penso e scrivo. Vigliacchi, e anche bamboccioni. Perché spargendo le vostre irrintracciabili chiose in calce agli articoli pubblicati sul sito del giornale, non fate altro che baloccarvi con la vecchia infantile pratica del lanciare la pietra e ritirare la mano… Non nego che a volte sia interessante, e spesso divertente, leggiucchiare qua e là i vostri fendenti (ve ne sono di gustosi, soprattutto quelli che glossano i verbosi comunicati dei professionisti della politica). Ma alla fine ne traggo sempre una sgradevole sensazione, come un cattivo odore. Anche le note più argute puzzano. E perfino quelle più veritiere (cioè quelle che raccontano le cose “vere” della piccola, forse troppo piccola atene, in cui tutti sappiamo tutto di tutti). Col risultato che finiscono per trasformarsi in bugie. Diceva lo scrittore Carlo Levi che le parole sono pietre. Quelle firmate, aggiungerei. A me sembra che le parole anonime siano solo aeroplanini di carta, anche se lanciate a mo’ di missili.

Ci sono cose che non è possibile scrivere se non col volto coperto dal passamontagna? Qui vorrei fare una considerazione un po’ più problematica, prendendo spunto dalla tesi di un mio amico (del quale, per restare in tema, non svelerò l’identità). Il quale sostiene che vi sono argomenti su cui non è possibile intervenire criticamente senza che l’autore non incorra in ritorsioni di varia natura. Dunque il mio amico si chiede: è meglio scrivere la verità con l’anonimato oppure tacere e accettare le menzogne? Sostiene inoltre che questo tipo di commento anonimo mira a smontare falsi miti, a distruggere certe imposture. E nasce dalla rabbia contro la prepotenza del potere. Insomma, un anonimato – sempre secondo il mio amico – mosso da nobili intenti. Mosso quasi da impegno civile. Roba da silente rivoluzione delle coscienze…

Eppure la tesi non convince. In fondo, la questione è semplice: chi ha coraggio, esca allo scoperto. Chi non ne ha, lasci perdere. Comunque sia, per tornare alle postille del nostro giornale, non è tollerabile questo far west da asilo, questa festa dell’insignificanza (Kundera non me ne voglia), questo uso protetto e sistematico dell’ingiuria, questi schizzi di fango alle spalle che dicono il disinteresse dei commentatori anonimi verso un dibattito serio e un confronto responsabile. Insomma, cari commentatori anonimi, siete proprio dei vigliacchi. E, per favore, risparmiateci la tirata sulla libertà di pensiero, di critica e di opinione (costituzionalmente garantita, s’intende). E soprattutto non vi offendete. Piuttosto, riflettete. Se il fine del commento non è la denigrazione ma la manifestazione di un’opinione o il desiderio di confronto, perché non firmarsi? Perché? Perché continuare a giocare a nascondino? Propongo all’editore di censurare una volta per tutte i commenti anonimi e pubblicare soltanto parole vere, parole di pietra.

PS: Con questo articolo non intendo prendere le difese della recente legge regionale sull’editoria, altrimenti detta “bavaglio”.

 

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