Messina, 13 novembre 2011. Sono diciotto gli avvisi di garanzia inviati dalla Procura della Repubblica di Messina ad amministratori e dirigenti, in ordine all’inchiesta sull’alluvione di Messina del 2009 dove persero la vita 37 persone. L’accusa è di omicidio plurimo e disastro colposo. Tra gli indagati il sindaco messinese Giuseppe Buzzanca, Mario Briguglio primo cittadino di Scaletta, Gaspare Sinatra già Commissario del Comune di Messina, Salvatore Cocina ex responsabile della Protezione civile regionale, Giovanni Arnone dirigente regionale. Avvisi di garanzia sono stati recapitati anche ai geologi Antonino Savoca, Alberto Pistorio, Tiziana Flora Lucchesi, Salvatore Cotone; Francesco Triolo, Salvatore Di Blasi, Stefano Bello, Giovanni Garufi, Carmelo Antonino Melato, Agatino Giuseppe Manganaro progettisti dei lavori eseguiti sui torrenti
interessati dall’alluvione; Giuseppe Rago, Felice Grasso e Giovanni Randazzo tecnici. La Procura della Repubblica di Messina, che per le indagini si è avvalsa di diverse perizie, indaga sui ritardi per i soccorsi e sui mancati interventi di messa in sicurezza, dopo le precedenti alluvioni. Gli esperti hanno effettuato i sopralluoghi nelle zone dell’alluvione e hanno acquisito documenti nei vari uffici delle amministrazioni pubbliche. Ai periti si chiedeva quali fossero state le modalità dell’evento, gli effetti, i danni provocati e i tempi in cui si è verificato. E ancora: se si fosse trattato di inondazione o esondazione; quale fosse l’assetto del territorio prima del nubifragio e se lo stesso assetto fosse stato modificato dall’intervento dell’uomo. Un altro quesito riguardava la sicurezza del territorio e, soprattutto, se fossero stati realizzati i previsti interventi di prevenzione. I magistrati hanno anche voluto sapere quali fossero state le cause dell’inondazione e le eventuali concause, e se fossero ascrivibili ad azioni o omissioni da parte degli uomini.
che l’Ufficio messinese del Genio Civile, rappresentato dall’ingegnere capo Gaetano Sciacca, ha sollevato le questioni di propria competenza che, nella fattispecie, ruotano intorno a problematiche ben note ma che finora nessuno, evidentemente, aveva voluto mettere nero su bianco: l’andamento di una faglia pericolosa, gli attraversamenti delle fiumare, la prioritaria e indispensabile messa in sicurezza dei bacini idrografici con adeguate opere di presidio, la fragilità idrogeologica del territorio che registra eventi alluvionali ravvicinati, la consistenza dei terreni lungo i versanti interessati dai lavori, la non condivisione delle scelte circa la localizzazione dei “siti di recupero ambientale”, l’antropizzazione degli alvei ridotti a strade, e altro ancora. “Vanno chiariti gli elementi che hanno permesso di determinare, in maniera esatta, l’andamento della faglia, diretta tangente il Pantano Grande, che interseca il viadotto Pantano in prossimità di una delle sue pile”, dice il Genio Civile, riguardo la problematica di natura geologica per eccellenza che investe la città dello Stretto. E’ dettagliata l’osservazione sulla previsione di specifiche infrastrutture correlate: “Non si tiene conto, nelle opere di attraversamento delle numerose fiumare, della particolare fragilità idrogeologica del Messinese, che è stato di recente (2007, 2008, 2009, 2010, 2011) più volte coinvolto da eventi alluvionali di eccezionale intensità e drammaticità con perdite di vite umane”. “Peraltro, tali interventi di attraversamento delle fiumare – prosegue il documento – risultano disgiunti da una complessiva, necessaria e indispensabile messa in sicurezza del sotteso bacino idrografico”, precisando che “nelle fiumare messinesi, tutte caratterizzate da elevata pendenza dell’alveo, (…) si sono registrati, in concomitanza dei citati eventi pluviometrici intensi e duraturi, notevoli quantitativi della portata solida, alimentata dalle centinaia di colate di fango e detriti, che si sono mobilizzate dai versanti (…) e successivamente confluite nelle principali aste torrentizie”. Per cui, vanno previste “adeguate opere di presidio e messa in sicurezza per ciascun bacino idrografico sotteso dalle fiumare attraversate”, con interventi, precisa il Genio Civile, “mirati alla mitigazione del rischio nelle aree, peraltro, classificate a pericolosità e a rischio idraulico riportate nel PAI”. Inoltre: nel progetto vengono definiti “siti di recupero ambientale”, ma all’atto di spiegare in cosa consistano realmente tali “siti”, è doveroso chiamarli col loro nome: discariche di inerti provenienti dagli sbancamenti. Il Genio Civile, ovviamente, nel rispetto del lessico specificatamente tecnico, sulla definizione non obietta nulla, semmai obietta in ordine alla scelta dei siti individuati “nell’ambito di strette ed incassate vallecole solcate da tratti stradali delle fiumare e costituite dai terreni che sono Formazione delle sabbie e ghiaie di Messina”. E qui, non occorre sfogliare alcun dizionario scientifico, ma basta ricordare cosa viene giù sulle strade e nei tombini, ogni volta che piove: si tratta di “terreni granulari non coesivi e quindi facilmente erodibili”. Non a caso, aggiunge l’ufficio, “i suddetti siti ricadono o su aree in cui a valle sono presenti arterie stradali (ad esempio la Panoramica dello Stretto) o aree in cui è presente un più o meno fitto grado di urbanizzazione con edifici e case”. E allora ci si chiede, viste le acclività, la natura del terreno e la conseguente, difficile viabilità, come si fa ad accedere a tali zone: “Non vengono indicate le piste di servizio che consentono, in sicurezza, il raggiungimento dei siti”, fa notare il Genio Civile. Tali siti, a loro volta, necessitano di accorgimenti riguardo il sistema di convogliamento e raccolta delle acque, il cui “recapito finale, avviene lungo i cosiddetti alvei – strada, che, come è stato anche di recente accertato, sono una delle principali cause di danni a persone e cose”. Questa è, sostanzialmente, la posizione del Genio Civile espressa in ambito regionale.
Leandro Janni
Consigliere nazionale di Italia Nostra