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La riflessione di Arcangelo Pirrello: “Non si guarda il trave del proprio occhio”

Redazione

La riflessione di Arcangelo Pirrello: “Non si guarda il trave del proprio occhio”

Ven, 17/08/2018 - 00:52

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La terribile tragedia di Genova induce a considerazioni applicabili alla nostra città e a ogni città o cittadina d’Italia. La nostra protezione civile è una macchina perfetta ad intervenire dopo le tragedie, i nostri vigili del fuoco, forze dell’ordine e tutti gli altri, volontari compresi, sono portati a modello d’eroismo. Ma la prevenzione è una tragica barzelletta. Proprio in Italia, che è una terra giovanissima (ancora in fase di sollevamento orogenetico, ossia di formazione di montagne), ed è bellissima – dai ghiacciai ai fondi marini – proprio per questo: perché è giovanissima. Le nostre vette sono irte perché giovani e i nostri mari sono azzurri perché giovani. Alla giovinezza geologica dobbiamo tutto, dalla diversità biologica maggiore del mondo, ai nostri panorami mozzafiato che cambiano totalmente a ogni curva di strada, alla ispirazione dei nostri grandiosi artisti, al rinascimento, alla letteratura, alla musica e al Genio. Da Trento a Capo Passero. Poi, manco a dirlo, questa terra giovanissima e bellissima è anche pericolosissima: dall’azione sismica (la più attiva del mondo, anche se, per fortuna, non la più intensa), alla enorme attività erosiva che continua sotto i nostri occhi a modificare, o meglio, modellare e scolpire il nostro paesaggio nelle coste, nelle valli, nei fiumi. Naturalmente, nel mazzo di fiori stupendi e velenosi che ci ha regalato madre natura – che noi stessi avremmo scelto e non ne vorremmo altri – non mancano i vulcani: giovani anch’essi, capricciosi e pericolosissimi. I più terribili sono il Vesuvio, che se eruttasse come nel 79 farebbe innumerevoli vittime (fino a un milione secondo talune stime), i Campi Flegrei, il vulcano Marsili (sottacqua, nel Tirreno). Al loro confronto la nostra Etna che pure continua a crescere, i vulcani delle Eolie Stromboli compreso, Pantelleria e Ustica, sono dei parchi di divertimento.

Ma la prevenzione non c’è: dopo ogni tragedia tutti prendono a ricostruire (lentamente) e a dimenticare. Non si fa prevenzione. O quantomeno la si faceva sia pure modestamente e con pochi mezzi, ma non si fa più. Lo diceva benissimo Bertolaso, facendo anch’egli l’elenco delle “piacevolezze”, Mercoledì sera sulla sette dove è stato invitato da parenzo e Telese, i quali, vista la “palaparata”, la risposta terribile e precisa, hanno pensato bene di cambiare discorso: troppa roba, troppa responsabilità, troppa paura, tanto valeva tornare ai sorrrisetti ammiccanti.

Si vorrebbe, invece, la “previsione” e dietro questa chimera vorrebbero trincerarsi tutti: “i geologi ci dicessero dove e quando ci sarà un terremoto o una frana o un’alluvione. Pensateci un attimo se si potesse prevedere, forse un terremoto o un’altra catastrofe sarebbe pure peggio: la previsione non potrebbe che essere di poche ore e certamente non in un centro abitato preciso piuttosto che in quello vicino. Provate a immaginare lo sgombero di una città in poche ore. Di fatto diverse calamità come le frane – e penso alla frana del Vajont dove perirono duemila persona – potevano essere previste ed evitate, ma a quel tempo, l’assunzione di responsabilità era oggettivamente schiacciante, al limite della portata umana.

Meglio e più concreto è “prevenire”, zonando alcune zone “calde” piuttosto che altre, ma sostanzialmente preparandosi a tutto. Costruendo o ricostruendo e adeguando l’esistente in maniera antisismica (in altri paesi è una normale pratica) e valutando – questo si che si può e si deve fare – il dissesto e il rischio idrogeologico; effetti costieri e mareggiate comprese.

Ma si badi, al livello delle leggi e delle normative, in Italia la prevenzione esiste eccome; ed è perfettamente efficiente e all’avanguardia…sulla carta. Di fatto, quanti cittadini italiani conoscono il piano d’emergenza (se c’è) della propria città? quanti hanno partecipato alle indispensabili esercitazioni? qual è l’area di raccolta? a quale avviso bisogna allarmarsi? (una sirena? un avviso particolare? Il caposcala?); bisogna sgomberare a piedi o è possibile in macchina? Correre o camminare con calma? e i vecchi?, i malati? i bambini? cosa si deve lasciare e cosa bisogna portare appresso? Si sappia che il piano d’emergenza comunale, per tutti i comuni d’Italia, lo prescrive la legge n. 100 del 12 luglio 2012; la stessa legge ne richiedeva l’approvazione entro 90 giorni dall’entrata in vigore della norma.

E veniamo a Caltanissetta: ci sono dei rischi a Caltanissetta? Cosa si è fatto e cosa si sta facendo?

Circa il piano d’emergenza: ben prima dell’obbligo di legge, nel 1997, una delibera di giunta del comune di Caltanissetta, stabiliva la elaborazione del piano d’emergenza comunale stanziando anche una congrua cifra di denaro. Da allora non si è riusciti a ricostruirne alcuna concreta traccia. Di fatto non conosco nessun nisseno (me compreso) che sia in possesso di istruzioni in caso di calamità. Ma qual è il rischio di Caltanissetta?

Non si registra un’attività sismica particolarmente attiva: in via teorica il territorio nisseno è a una distanza significativa dalle grandi faglie sismogenetiche. Ciò nonostante si registrano periodicamente fenomeni di neotettonica che si manifestano concretamente nella ripresa di discontinuità (faglie) esistenti. I fenomeni si ripercuotono, aggravandoli, sui già delicati originari equilibri di un impianto collinare circondato da  valli giovanili in grande attività erosiva, e sul fragile stato di fatto degli edifici di alcuni antichi quartieri. La fenomenologia è stata osservata e valutata con la tecnica della interferometria satellitare che ha anche rilevato una zona in attivo sollevamento, corrispondente alla “zona industriale”.

I fenomeni trovano riscontro negli eventi franosi del quartiere Saccara (negli anni ottanta), dai fenomeni di dissesto statico della zona industriale – dove insistono diverse faglie – e daiconcomitanti fenomeni di dissesto nel villaggio S. Barbara (maccalube) e a S. Anna (via colonnello Eber) del 2008.

Tutto ciò aggrava la critica situazione del bacino idrografico “Difesa” subito a Sud Est di Caltanissetta, con i suoi canali in grande attività erosiva. In modo speciale il “vallone Angeli che da S.Anna scende dritto su Xiboli erodendo il fondo e le ripidissime sponde. In concreto destano seria tutti i quartieri al limitare Nord del bacino, da via Stazzone, a S. Francesco, al cimitero Angeli, a Xiboli, all’ex Amaro Averna e fino e oltre il villaggio S. Barbara.Si continua ad ignorare la grande frana di contrata Bucceri (a valle di Monte Sabucina) e a “ricaricare” d’asfalto il tratto in frana della ex statale 122, ogni qualvolta che c’è la gara in salita della coppa nissena. Come curare un tumore con il belletto.

Infine, nel ricordare che Cassandra era antipatica ma aveva ragione, finisco con una buona notizia: in questi giorni si stanno completando i lavori di imbrigliamento della parte a valle di via Xiboli del Vallone Angeli. Una bella opera realizzata non in cemento armato ma in pietrame (“quasi” soltanto del posto) che avrà certamente un effetto positivo nel limitare la velocità dell’acqua dissipandone l’energia e la forza erosiva. Vale la pena vederla.

Arcangelo Pirrello

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