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Caltanissetta e il Giro d’Italia: un’accoglienza andata oltre le più rosee previsioni

Marcella Sardo

Caltanissetta e il Giro d’Italia: un’accoglienza andata oltre le più rosee previsioni

Dom, 13/05/2018 - 21:59

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Giovedì mattina, per qualche ora, il centro storico nisseno è stato invaso da furgoni, pullman e uno sciame di biciclette.

Per una mattinata intera il traffico veicolare è stato interrotto e il suolo pubblico occupato da stand promozionali, golose delizie da assaggiare e corner informativi.

Palchi, amplificatori, archi gonfiabili, “ombrelline” e accattivanti coreografie.

Se raccontassimo quello che è successo a Caltanissetta il 10 maggio solo con questi elementi non saremmo né corretti né esaustivi.

La partenza della sesta tappa del Giro d’Italia 2018 è stata vissuta come una grande festa cittadina. Un privilegio concesso dall’organizzazione nazionale e vissuto intensamente dai nisseni che si sono dimostrati pronti ad assaporarne ogni secondo.

Caltanissetta, nelle settimane precedenti, ha vissuto una frenetica euforia. Le strade sono state “tirate a lucido” rattoppate nelle buche e ripulite di erbacce e cartacce. I balconi del centro storico sono stati addobbati con fiori rosa, sulle fiancate del Palazzo del Carmine sono state erette gigantesche stampe fotografiche identificative delle bellezze della nostra terra. Le società e associazioni di tutte le discipline sportive del territorio sono state invitate, nelle tre settimane precedenti, a partecipare alla manifestazione sportiva diffusa “Aspettando la maglia rosa” che ha celebrato lo sport nella sua globalità.

Una fibrillazione che, inizialmente latente, si è diffusa in tutta la città per esplodere, proprio come la lava dell’Etna, proprio il 10 maggio.

I cronisti sportivi della Rai, in tour con il Giro d’Italia, in diretta televisiva hanno sottolineato come Caltanissetta fosse stata, fino a quel momento, la città che aveva risposto con il calore più profondo e partecipato.

Eppure il rischio di finire ad essere “ospiti nella propria casa” era dietro l’angolo.

L’accoglienza dei grandi eventi, se arrivano dall’esterno con un’organizzazione già strutturata e rigida, spesso rischiano di mettere in ombra la città ospitante. Quasi fosse un ingombrante presenza da tenere quieta. Ma nulla di ciò è avvenuto alla tappa nissena del Giro d’Italia. La carovana rosa ha accolto con grande piacere l’euforia dei nisseni e ha risposto a questo affettuoso impulso con altrettanta cordialità.

Il Giro d’Italia è stato accolto come un “caro amico” che da tempo non veniva a trovarci e che, finalmente, trovava il tempo di soffermarsi per una “chiacchierata”. E la disponibilità è stata ricambiata dagli addetti ai lavori e dallo staff organizzativo con grande gentilezza. Ciclisti che stringevano le mani, campioni che con tranquillità rilasciavano interviste, membri della sicurezza che mantenevano l’ordine bloccando con garbo i curiosi che volevano avvicinarsi alle zone riservate.

Ma perché tanti cittadini sono scesi in piazza o si sono fermati sul ciglio della strada anche diverse ore ad aspettare dei ciclisti che passavano velocemente?

Questa gara sportiva, per qualche strana magia, ha accomunato tutti e ha lasciato incantati anche quelle persone che comunemente non seguono il ciclismo.

La risposta, in realtà, è più profonda di quello che si possa pensare. Questo sport altro non è che è una metafora della vita, un invito ad andare avanti nonostante le avversità o gli imprevisti, un’esortazione a rimettersi in sella dopo una caduta, riprendere la corsa e recuperare la testa.

Questi valori, che possono essere applicati perfettamente alla vita quotidiana di ogni persona, vengono compresi dall’individuo che si sente personalmente incoraggiato a non guardare più indietro e ad andare avanti.

Ed ecco perché, a ogni tappa, si crea una speciale alchimia che, come raccontavano gli ex campioni del mondo presenti alla partenza,  si muove sempre seguendo il medesimo programma ma è capace di regalare ogni giorno emozioni diverse.

Questo è uno sport nel quale si lavora duramente uno sport dove non basta qualche passerella per avere cifre da capogiro. Bisogna “sudare” e lavorare duramente ogni giorno.

Guardare i ciclisti che inseguono una meta spinge a tornare indietro con la memoria e spolverare quei ricordi in cui, per la prima volta, il bambino diventata autonomo. Un passaggio epocale che si realizza togliendo le rotelle e vedendolo muoversi solo sulle proprie gambe.

Ed è per questo, forse, che il Giro d’Italia è riuscito a raccogliere una folla di appassionati spettatori, un’ondata di bambini pronti a festeggiare e a tendere la mano per provare anche solo a sfiorare quella di un ciclista che percorreva in bici la passerella creata lungo Corso Umberto.

Quei pochi fortunati, che sono riusciti a guadagnare un primo posto dietro le transenne di corso Vittorio Emanuele prima della partenza, hanno potuto vivere l’emozione di un conto alla rovescia più caloroso del count down della notte del 31 dicembre.

E poi, abbassata la bandiera della partenza, sulle braccia si è avvertita la pelle d’oca. Non era quella del vento mosso dal passaggio ad alta velocità dei ciclisti ma dell’emozione e della consapevolezza di poter dire tra 10, 20 o 30 anni “Quel giorno a Caltanissetta alla sesta tappa del Giro d’Italia c’ero anche io”.

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